Le tensioni tra Egitto ed Etiopia in merito alla definizione dei flussi idrici che saranno determinati dalla Grand Ethiopian Renaissance Dam non accennano a diminuire, coinvolgendo progressivamente molti dei principali attori regionali.
Dopo l’incontro del giugno 2019 al Cairo tra il presidente eritreo Isaias Afwerki e quello egiziano Abdel Fattah al-Sisi, la rinnovata cooperazione tra i due paesi ha visto moltiplicarsi le iniziative anche sul piano regionale, tra cui la più importante quella dello scorso 6 gennaio, a Gedda, dove è stato firmato il “Patto per il Mar Rosso” – un accordo di cooperazione politica ed economica promosso dai sauditi per la costituzione di un Consiglio Arabo-Africano per il Mar Rosso e il Golfo di Aden – firmato da Eritrea, Sudan, Gibuti, Somalia, Yemen e Giordania. Dove l’Etiopia è stata esclusa dalla firma del Patto per specifica richiesta dell’Egitto.
Nel corso del mese di aprile, invece, in concomitanza con l’arrivo di alcune unità militari turche in Sudan (sull’isola di Suakin), voci non confermate hanno rilanciato sui media la possibilità di un interesse dell’Egitto per la possibilità di aprire una base navale in Eritrea, nell’isola di Nora, parte dell’arcipelago delle Dahlak. La notizia, che in realtà riprende una precedente identica indiscrezione circolata nel 2019, è stata accompagnata dalla possibilità di un dispiegamento sul territorio eritreo anche di un contingente militare egiziano presso la base di Sawa, dove le stesse – non confermate – fonti individuerebbero anche una stabile presenza militare degli Emirati Arabi Uniti.
Tali notizie, che con ogni probabilità sono destituite di ogni fondamento, rivelano tuttavia l’accresciuta tensione regionale provocata dall’attuale fallimento del dialogo tra Etiopia ed Egitto in merito al GERD, con il rischio di coinvolgere l’Eritrea in una dinamica di crisi.