Come curare il coronavirus in ospedali in cui l’elettricità è irregolare, l’acqua non è detto sia potabile e mancano non solo i disinfettanti, ma talvolta anche il sapone?
La Croce Rossa somala ha diffuso un bilancio ufficiale di 582 casi (30 aprile). È un dato basso, come in altre regioni piagate da violenza e povertà, ma secondarie nella pandemia. Il sollievo è temperato da timori ovvi: il numero dei contagiati potrebbe essere più alto; è difficile contrastarne la tendenza ad aumentare; altre malattie infettive continuano ad imperversare. Limitate donazioni dall’estero non possono sanare d’emblée quanto devastato in trent’anni. Parte della popolazione accetta lo stato di cose; una minoranza protesta il ricorso a metodi repressivi per il rispetto delle restrizioni. Un discorso pubblico in merito però latita.
Oltre gli esempi turchi e sauditi si suggerisce tuttavia un possibile ulteriore cambio nell’attenzione al Paese. I Comandi AFRICOM hanno riconosciuto (27 aprile) proprie responsabilità nell’aver causato nel Basso Scebelli due vittime e tre feriti civili, in un raid contro miliziani Al Shabaab a febbraio 2019. È il secondo mea culpa statunitense: un episodio analogo risale all’aprile 2018 e fu riconosciuto un anno dopo. L’ammissione non modifica le direttive che con Trump hanno aumentato il ricorso ad azioni di droni (277 nell’ultimo triennio, colpiti tra 1.791 e 2.392 miliziani), ma è un passo sentito – e non scontato. Gli USA hanno bisogno di migliorare le proprie relazioni con la popolazione, certo per incrementare la raccolta informazioni dati i rinnovati attacchi estremisti nel Sud, ma anche visti i movimenti areali. Nell’Oltregiuba, con i buoni uffici kenioti, Madobe ha trovato una intesa con rivali Ogadeni che ne contestavano la rielezione. È il sintomo di riallineamenti, che da Mogadiscio disapprovano, ma non controllano.