Una corte di Addis Abeba ha incriminato il 19 settembre il ricco imprenditore televisivo Jawar Mohammed, insieme ad altre 23 persone (tra cui il leader oromo Bekele Garba) arrestate in occasione dei disordini scoppiati nel giorno dei funerali del cantante Hachalu Hundessa, con l’accusa di crimini connessi al terrorismo, frode nelle telecomunicazioni e altri reati come istigazione alla violenza. Jawar Mohammed, che è di fatto anche il volto più popolare dell’opposizione oromo al primo ministro Abiy Ahmed, rischia con queste incriminazioni sino all’ergastolo.
La rottura tra il tycoon televisivo e le istituzioni è iniziata alcuni mesi fa, quando ha criticato aspramente il primo ministro per la decisione di posticipare le elezioni generali (previste lo scorso agosto) in conseguenza della crisi connessa alla diffusione del virus Covid-19, accusandolo di voler restare al potere oltre i limiti sanciti dalla Costituzione. Da quel momento ha preso avvio un sempre più intenso confronto tra il governo e le diverse componenti etnico-federali del mosaico sociale etiopico, con l’avvio di un processo di crisi sfociato più volte in aperta violenza.
In questo clima di grandi tensioni, il dibattito sul ritardo delle elezioni continua, nell’ambito di un generale quadro di interesse istituzionale e politico per una riorganizzazione nei tempi più brevi possibili. Il Ministero della Sanità ha fornito il 18 settembre al governo un parere tecnico-sanitario circa la possibilità di poter procedere con le elezioni nazionali, suggerendo la possibilità di organizzarle adottando ogni possibile cautela atta ad impedire la diffusione del virus Covid-19. Le indicazioni del Ministero della Sanità sono state riferite dal ministro Lya Tadesse nell’ambito dell’assemblea straordinaria del Parlamento etiopico del 18 settembre.
La crisi politica etiopica si consuma ancora una volta tra gli interessi del federalismo etnico e quelli sempre più personali e autoreferenziali del premier Abiy Ahmed, in una spirale di crisi che rischia di trascinare l’intero paese nel baratro di un conflitto civili dagli incerti esiti.