La 75a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata inaugurata quest’anno in forma ridotta a causa delle limitazioni imposte dalla perdurante pandemia del Covid-19.
L’Eritrea ha partecipato alla cerimonia di apertura il 29 settembre con un messaggio preregistrato del ministro degli Esteri Osman Saleh che, a nome del presidente Isaias Afewerki, ha espresso la posizione di Asmara a margine dell’avvio dei lavori.
Il discorso ha richiamato inizialmente alcuni dei punti salienti dell’intervento dell’anno precedente, soprattutto con riferimento alla condizione complessiva degli equilibri internazionali, che, secondo il presidente eritreo, vedono il sistema globale “all’apice di un nuovo ordine mondiale”, caratterizzato dalla crisi dell’unipolarismo e da intense rivalità sul piano dei conflitti economici.
Con un richiamo al discorso dell’anno precedente, poi, ha ribadito le sofferenze dell’Africa in conseguenza del “saccheggio sfrenato” delle sue risorse da parte di “attori esterni”, che promuovono la narrativa della prevenzione de conflitti a difesa dei propri interessi, in conseguenza dei quali “quasi un miliardo di africani rimane emarginato”.
Ancora un richiamo al precedente intervento, infine, per ribadire il permanere della condizione di instabilità del Corno d’Africa e del Mar Rosso, dilaniati da conflitti etnici e clanici “istigati esternamente”, che hanno frustrato le aspettative di integrazione dei primi anni Novanta dello scorso secolo, con la complicità di “attori locali corrotti”.
È stato fatto poi riferimento alla “calamità” del Covid-19, che “ha messo in luce i difetti strutturali e le carenze dell’ordine globale”, precario e disfunzionale, fungendo in sintesi da “campanello d’allarme” per la società del pianeta, al fine di correggere i propri errori.
Un messaggio breve, quello del 2019, senza alcuna spinta propositiva, che si è concluso con l’augurio di un rafforzamento dell’ONU, ormai “emarginato, la cui autorità ed efficacia sono state corrose negli ultimi decenni”.
Nessun accenno, infine, alla questione del Covid-19 e della sua gestione nella prospettiva eritrea, così come nessun cenno è stato fatto nel discorso alla dimensione dei rapporti regionali e alla necessità di un loro rafforzamento, soprattutto in funzione degli storici accordi di pace con l’Etiopia, rimasti purtroppo inerti nella capacità di produrre una spinta stabilizzatrice.
Un discorso molto breve, quello pronunciato dal ministro degli Esteri Saleh, privo di qualsiasi incisività e soprattutto di qualsiasi elemento propositivo.