Lo stato di guerra in Etiopia influenza anche la Somalia, che ne è spettatrice sebbene distante dai teatri di scontro. Osservato il ritiro di alcune truppe etiopi dal confine, a Mogadiscio c’è il timore di dover scontare non tanto una estensione del confronto, quanto una più generale disillusione sulla capacità delle Nazioni del Corno d’Africa di procedere verso uno sviluppo pacifico ricomponendo le tensioni.
La Somalia stessa procede a scossoni lungo questo percorso. Il 10 novembre l’ex Primo Ministro Khaire con altri esponenti dell’opposizione ha sollevato nuovamente preoccupazioni riguardo il processo elettorale, in particolare sulla Commissione elettorale. Essi non la ritengono neutrale, ma vicina al Presidente Farmajo soprattutto per la presenza di militari tra i suoi componenti; si teme l’establishment ora in carica possa adoperarla per gestire il voto e non per assicurarne la regolarità. Le accuse sono un passo indietro rispetto alle dichiarazioni positive sul voto nell’Hirshabelle, che aveva invece accomunato Farmajo, Khaire, Sheikh Ahmed e altri. A tre mesi dalle elezioni, la campagna elettorale stenta peraltro a entrare nel vivo.
Attacchi di scala minore di militanti al-Shabaab sono avvenuti tra il 6 e il 10 novembre a Elwak (Gedo), a Janale (Basso Scebelli), nei pressi di Dhusamareb (Galguduud) e ad Afmadow, Hosingo e Tabta (Oltregiuba); a Chisimaio è stata presa di mira l’abitazione del Vicepresidente del locale Parlamento. Più flebile la capacità del movimento di raggiungere Mogadiscio – sebbene la presenza terrorista vi resti ben palpabile – esso rimane ancora attivo in specie nel Basso Scebelli, nel Bay e nel Bakool.
Dal lato del Kenya, che ha inaugurato una nuova Ambasciata a Mogadiscio, si tenta perciò di riaprire canali normali di cooperazione tra le comunità lungo i due lati della frontiera, facilitando gli spostamenti e dunque sottraendo al contrabbando e all’insorgenza una fonte di sostentamento. Rileva in parallelo l’intento del Governo britannico di voler contribuire a facilitare la circolazione tra Mogadiscio e Baidoa, espresso in un incontro tra militari dell’Esercito Nazionale, funzionari civili del sud-ovest e membri dell’Ambasciata britannica.