La minaccia di una nuova grave crisi regionale sembra delinearsi lungo il confine tra l’Etiopia e il Sudan, in conseguenza di irrisolti problemi confinari, dispute sulle comunità agricole e, non ultimo, l’intensificarsi di azioni terroristiche e attacchi alle comunità rurali.
Le tensioni lungo il confine tra i due paesi allarmano l’intera comunità regionale, nel timore di un’escalation che potrebbe trasformarsi in un nuovo e sanguinoso conflitto. Si è discusso della faccenda, di recente, a margine della riunione straordinaria dell’IGAD tenutasi a Gibuti il 19 dicembre scorso, e dedicata agli sviluppi delle crisi regionali, dove il premier etiopico Abiy Ahmed e il primo ministro sudanese Abdallah Hamdok hanno annunciato la volontà di avviare nuove consultazioni per discutere della sicurezza nella comune area di confine.
L’esercito sudanese aveva denunciato nelle settimane precedenti di aver subito ripetuti attacchi d’artiglieria nell’area di Al-Fashaga provenienti dall’Etiopia, indicando nelle truppe federali etiopiche e nelle milizie dello stato dell’Amhara i responsabili degli attacchi.
L’Etiopia denuncia invece da tempo la presenza di milizie che conducono azioni terroristiche lungo il confine, e soprattutto nella regione del Benishangul-Gumuz, trovando poi protezione oltre il confine sudanese, intendendo porre fine agli attacchi e sospettando ingerenze egiziane volte a destabilizzare la regione dove sorge la diga del GERD, oggetto di disputa tanto con l’Egitto quanto con il Sudan.
I colloqui bilaterali si sono tenuti il successivo martedì 22 a Khartoum, dove una folta delegazione etiopica si è recata con l’intento di incontrare le controparti sudanesi. Nonostante lo stretto riserbo sui colloqui, sembra che non sia stata individuata alcuna soluzione tra i due paesi, e le forze sudanesi hanno denunciato nuovi attacchi il giorno successivo, quando, secondo le autorità militari di Khartoum, alcune unità sudanesi sarebbero state colpite da tiri dell’artiglieria etiopica nell’area di Jabal Abu Teyyour. Un secondo incidente si sarebbe poi verificato nell’area di Wadi Koli, quando unità dell’esercito sudanese si sarebbero scontrate con alcune unità etiopiche in ricognizione.
Oltre al problema della presenza di milizie e delle razzie di queste all’interno del territorio etiopico, parte saliente dal problema risiede ancor oggi nella mancata definizione delle dispute confinarie tra i due paesi, in particolar modo nell’area di Al Fashaga, nello stato orientale del Gederaf sudanese.
Vasta oltre 250 km quadrati, e caratterizzata da una terra fertile e pianeggiante attraversata da tre fiumi, l’area di Al-Fashaga ricade all’interno dei confini sudanesi, sebbene comunità agricole locali ed etiopiche se ne contendano i confini da molto tempo.
La questione confinaria sembrava essere vicina ad una soluzione nel 2014, quando l’ex premier etiopico Hailemariam Desalegn e l’ex presidente sudanese Omer al-Bashir si accordarono per riavviare il processo di demarcazione dei confini, includendo ufficialmente l’area di Al-Fashaga all’interno del territorio sudanese e prevedendo al tempo stesso la continuità della presenza delle colonie agricole etiopiche come parte integrante di una nuova politica di cooperazione tra i due paesi.
L’accordo si sarebbe dovuto inserire, peraltro, in una più vasta politica di cooperazione che includeva il pacifico riconoscimento dello sviluppo della diga del GERD, nella regione etiopica del Benishangul-Gumuz, e la reciproca collaborazione nei progetti di distribuzione idrica e di produzione dell’energia elettrica.
La crisi del governo presieduto da Hailemariam Desalegn e la successiva crisi politica in Sudan, con la caduta di Omer al-Bashir, fecero nuovamente slittare la firma degli accordi tra i due paesi, per essere poi ripresi successivamente all’elezione di Abiy Ahmed in Etiopia e di Abdallah Hamdok in Sudan, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.
Ancora una volta, lo scorso aprile, si ritenne di essere ormai in procinto di risolvere la questione, attraverso l’accettazione formale da parte dell’Etiopia della sovranità sudanese sull’area di Al-Fashaga e la contestuale autorizzazione alle comunità agricole etiopiche di continuare la propria attività al fianco delle comunità sudanesi.
Secondo fonti non ufficiali dei due paesi, l’accordo avrebbe previsto la fuoriuscita delle forze militari di entrambi i paesi dall’area, la demarcazione ufficiale dei confini e la garanzia per ambo le comunità agricole di continuare a svolgere il proprio lavoro.
Ancora una volta, tuttavia, la crisi del Tigrai avrebbe rimandato i piani di soluzione della crisi, mentre le tensioni con l’Egitto in merito alla questione della diga del GERD avrebbero portato ad un disallineamento delle posizioni di Etiopia e Sudan, all’ingresso nella regione di milizie aventi il compito di esacerbare i già delicati equilibri e al successivo massiccio afflusso di profughi dopo le prime fasi dei combattimenti nel Tigrai.
Le tensioni tra i due paesi sarebbero quindi nuovamente emerse in tutta la loro gravità a partire dal mese di settembre, e poi intensificatesi alla fine del mese di novembre, quando le forze militari di Khartoum presenti nell’area hanno lanciato una vasta operazione militare per ristabilire il controllo sulle aree di confine occupate dagli agricoltori etiopici.
Le tensioni tra i due paesi hanno subito una rapida escalation, infine, tra il 25 e il 26 di dicembre, quando entrambi i paesi hanno dispiegato ingenti dispositivi militari nelle aree di confine, nell’area di Wad Aroud sul versante sudanese e di Abd Al-Rafia su quello etiopico, minacciando l’uso della forza.