L’8 gennaio una delegazione sudanese guidata dal vice-presidente del Consiglio Sovrano, Ten.Gen. Mohamed Hamdan Duglo, dal ministro degli esteri Omer Gamar-Eddin e dal direttore dell’intelligence Ten.Gen. Jamal Abdul Majeed si è recata in visita in Eritrea, dove ha incontrato il presidente Isaias Afewerki, con il quale ha discusso della situazione regionale e in particolar modo dell’evoluzione della crisi nella regione etiopica del Tigrai, che interessa da vicino anche la sicurezza del Sudan in relazione alla questione dell’area sudanese di al-Fashaga e dell’elevato numero di profughi riversatisi in territorio sudanese.
La visita è stata condotta solo due giorni dopo quella effettuata dal ministro degli esteri eritreo Osman Saleh e dal consigliere presidenziale Yemane Ghebreab in Sudan, il 5 e 6 gennaio, quando hanno incontrato il presidente Al-Burhan e poi il vice-presidente del Consiglio Sovrano Ten. Gen. Mohamed Hamdan Duglo, insieme al primo ministro Abdalla Hamdock.
Secondo indiscrezioni, i due incontri sarebbero stati promossi su iniziativa dell’Eritrea, con l’intento di favorire un accordo tra Sudan ed Etiopia in merito alle questioni di confine e alla comunità etiopica storicamente residente nell’area di al-Fashaga, dove le forze armate sudanesi hanno ristabilito di recente il pieno controllo.
A dispetto dei positivi toni espressi dal ministro degli esteri sudanese al suo rientro in patria, l’incontro non sembra aver definito alcuna soluzione concreta per arrestare la crescente tensione sul confine tra Sudan ed Etiopia, come dimostrano i continui scambi di accuse inerenti il perdurare delle violenze nelle aree di confine.
Le tensioni lungo il confine persistono, in una sommatoria di interessi che vede intrecciarsi il piano bilaterale dei rapporto tra Etiopia e Sudan a quello multilaterale delle comunità etniche locali, il cui ruolo è aumentato pericolosamente nel corso degli ultimi mesi, in conseguenza della caotica situazione nel Tigrai.
L’Eritrea cerca di favorire il dialogo regionale, ponendosi al centro di una complessa matrice di interessi che, tuttavia, non appaiono di facile composizione, in una spirale di violenza che rischia ancora una volta di compromettere le ambizioni di sviluppo dei paesi del Corno d’Africa.