Il 5 febbraio l’ambasciata degli Stati Uniti ad Asmara ha nuovamente diramato la richiesta del Dipartimento di Stato per un immediato ritiro delle unità militari eritree dalla regione etiopica del Tigrai, la cui presenza sarebbe confermata dagli Stati Uniti da “credibili rapporti” inerenti la violazione dei diritti umani.
Il comunicato, diramato poco dopo il colloquio telefonico tra il presidente Biden e il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed, chiede inoltre la costituzione di una commissione di inchiesta indipendente per valutare le accuse di violenze e saccheggi lanciate dalle comunità tigrine che hanno lasciato la regione in seguito all’ingresso delle unità federali etiopiche.
Secca la smentita del ministro dell’informazione dell’Eritrea, Yemane Meskel, che rigetta ogni accusa formulata dagli Stati Uniti e giudica le accuse all’Eritrea false e pretestuose, negando categoricamente la presenza di unità militari eritree impegnante sul territorio etiopico.
Il comunicato del dipartimento di Stato USA segue di alcuni giorni la lettera aperta firmata da alcuni ex ambasciatori degli Stati Uniti in Etiopia, dove si esprimeva preoccupazione per il conflitto in Tigrai e per il possibile coinvolgimento dell’Eritrea, come già precedentemente denunciato dal Dipartimento di Stato USA lo scorso mese di dicembre.
Anche questa lettera congiunta è stata smentita dal ministro dell’informazione eritreo Yemane Meskel, che l’ha definita “falsa e viziosa nell’intento”.
L’evoluzione di queste dinamiche dimostra in ogni caso un progressivo deterioramento dei rapporti tra Asmara e Washington, come conferma l’annuncio del 29 gennaio scorso da parte del Dipartimento di Stato nel quale l’Eritrea viene inserita nella lista dei paesi interessati dal “travel ban”, insieme a Nigeria, Sudan, Tanzania, Kirzighistan e Myanmar.