Il presidente Uhuru Kenyatta ha annunciato nel corso di un’intervista di essere pronto a lasciare il proprio incarico, quando questo giungerà al termine nel 2022, aggiungendo tuttavia di voler lottare per impedire che un “ladro” possa succedergli alla guida del paese.
Nel consueto solco di una narrativa caratterizzata dai toni forti, il presidente del Kenya non ha specificato chi avesse intenzione di colpire con le sue affermazioni, sebbene le dinamiche del dibattito politico locale lascino poco spazio all’interpretazione.
L’obiettivo del presidente in questa fase è quello di favorire la riuscita del referendum costituzionale, che rappresenta per Kenyatta una sorta di lascito personale alla nazione, nella convinzione di aver perpetuato nel nome padre una sorta di continuità ideale dello spirito democratico e indipendente del Kenya.
Gli attacchi politici – ancorché generici – formulati dal presidente Kenyatta, si riferiscono più in generale a chiunque si opponga o formuli critiche in direzione del referendum del Building Bridges Initiative (BBI). Ed è la seconda volta in meno di un mese che il presidente definisce “ladri” coloro che ostacolano il referendum, dove, anche in assenza di nomi è ben chiaro all’opinione pubblica del Kenya a chi vengano rivolti gli strali del presidente.
Uhuru Kenyatta ha anche affermato nell’incontro con la stampa di non essere in alcun modo interessato dalle polemiche di chi lo insulta pur beneficiando dei successi del suo governo, chiedendo a questi personaggi – ancora una volta non nominandoli – di avere il coraggio di dimettersi.
Un messaggio chiaramente interpretabile come indirizzato al vice-presidente Wialliam Ruto, il cui rapporto con il presidente si è fortemente deteriorato all’indomani della decisione di Kenyatta di aprire all’opposizione di Raila Odinga, mossa che Ruto ha interpretato come un atto indipendente e non concordato, potenzialmente pericoloso per le sue ambizioni politiche future.
Secondo indiscrezioni della stampa keniota, William Ruto starebbe concretamente considerando l’ipotesi di una secessione del suo entourage politico dal partito di governo Jubilee Party, consolidando la rottura determinatasi con Kenyatta e preparando in tal modo la sua personale campagna presidenziale al sicuro da quelle che considera le insidie poste dal presidente alle sue ambizioni.