La visita del presidente Guelleh a Parigi della settimana scorsa sembra aver sortito, almeno in apparenza, gli effetti ricercati del capo di stato di piccolo paese africano.
Il presidente Macron ha tributato a Guelleh onori degni di un capo di stato di prima grandezza, concedendogli tempi e attenzioni solitamente non comuni per i capi di stato dei paesi più piccoli.
Il principale oggetto di interesse del presidente Guelleh è la rinegoziazione imminente della concessione con la Francia per la sua base militare di Camp Lemonnier, che riveste un’importanza di notevole valore strategico e addestrativo per la Francia, e che il presidente gibutiano intende sfruttare al meglio per incrementare l’impegno finanziario della Francia in loco.
Mentre la Francia non vorrebbe aumentare la propria spesa militare a Gibuti, né tantomeno investire denaro nello sviluppo dell’industria locale, Guelleh si è presentato a Parigi forte dell’interesse di altre nazioni per lo sviluppo delle proprie basi militari a Gibuti, unitamente ad una manifestazione di interesse governativa per l’area ove oggi sorge il compound francese, per lo sviluppo delle attività portuali.
In tal modo, il presidente gibutiano ha voluto velatamente paventare a Macron il rischio di chiusura della base, o di un suo trasferimento ad altri interlocutori potenzialmente interessati a portare nel piccolo paese non solo le proprie unità militari ma anche e soprattutto i capitali da investire nell’espansione delle infrastrutture industriali ed energetiche.
L’accordo bilaterale tra la Francia e Gibuti attualmente in fase di rinnovo, prevede che la Francia fornisca a Gibuti la protezione aerea in cambio di 40 milioni di dollari di affitto annuale per la sua più grande base militare straniera.
Gibuti è conscia dell’enorme valore strategico della base militare per Parigi, che tuttavia oggi non è più l’unico paese straniero ad aver investito nel paese africano attraverso lo sviluppo di una propria struttura militare. Nel 2002 gli Stati Uniti hanno installato la loro unica base permanente in Africa, forte di 4.000 soldati e utilizzata per condurre operazioni contro i jihadisti in Somalia e Al-Qaeda nella penisola araba (AQAP). Anche il Giappone e l’Italia hanno aperto dei propri distaccamenti, mentre dal 2017 la Cina ha una propria stazione navale una vera e propria base militare.
Dietro all’apparente forza di questa condizione, Guelleh si è presentato a Parigi chiedendo esplicitamente maggiori investimenti francesi, cercando di forzare la mano con il presidente Macron sfruttando la carta dell’interesse strategico per la base di Camp Lemonnier.
La diversificazione degli interessi di Gibuti, tuttavia, è tanto un punto di forza quanto anche – e soprattutto – di debolezza, di cui Parigi ha chiaro il contesto. Gli ingenti prestiti finanziari cinesi presentano oggi il conto di un difficile bilancio economico per Gibuti, che è costretta a cercare di favorire partnership con gli alleati tradizionali.
In un sofisticato quanto delicato gioco negoziale, quindi, Guelleh ha incassato un visibile ritorno in termini di prestigio personale – che spenderà nelle prossime elezioni presidenziali – e spera al tempo stesso di aver convinto la Francia di un maggiore e finanziariamente più consistente impegno nel paese.
L’esito di questa strategia sarà più chiaro tra qualche settimana, quando si entrerà nel vivo del negoziato di rinnovo per la base, e quando Parigi manifesterà realmente le sue intenzioni e la sua forza negoziale.