È stato nominato in Sudan il nuovo governo, forte di 20 ministri e presieduto dal premier ad interim Abdallah Hamdok.
Sette ex capi ribelli sono stati inseriti nel nuovo esecutivo, a garanzia degli accordi di pace siglati lo scorso ottobre per favorire il superamento delle tensioni e conflitti che per oltre dieci anni hanno insanguinato il paese.
Tra i ministri figura l’ex leader ribelle del Darfur Gibril Ibrahim del partito Giustizia e Uguaglianza, JEM), nominato al dicastero delle finanze, e Mariam Assadiq al-Mahdi (del partito Umma Nazionale) alla guida del ministero degli esteri, figlia dell’ex primo ministro Sadiq al- Mhadi, l’ultimo premier eletto democraticamente nel paese, decaduto con il golpe del 1989.
Due ministri sono stati scelti all’interno dell’apparato militare, mentre la restante parte è stata espressa dal partito Forze per la Libertà e il Cambiamento, che ha guidato la protesta del 2019 attraverso la quale è stato deposto l’ex presidente Omar al-Bashir.
Tre ex leader ribelli sono stati nominati anche all’interno del Consiglio Sovrano, l’organo di governo presieduto dal Generale Fattah al-Burhan, aprendo in tal modo al Fronte Rivoluzionario del Sudan, che include a sua volta quattro movimenti politici.
L’obiettivo del premier ad interim Hamdok è adesso quello di negoziare l’ingresso nel governo delle altre forze d’opposizione che non hanno siglato l’accordo dello scorso ottobre, nell’intento di pacificare la regione del Darfur e favorire un processo di riconciliazione nazionale.
Il traguardo è adesso quello delle elezioni generali del 2022, cercando contestualmente di far ripartire l’economia nazionale anche grazie allo sblocco degli aiuti finanziari assicurati dagli Stati Uniti.