Un’altra organizzazione umanitaria non governativa accusa l’Eritrea di aver non solo partecipato al conflitto in Tigrai ma, soprattutto, di aver commesso crimini di guerra nella città di Axum.
Human Rights Watch, con sede negli Stati Uniti, si è aggiunta ad Amnesty International nell’accusare l’Eritrea di aver commesso violenze sulla popolazione civile nella città tigrina di Axum, accusando le forze militari di Asmara di violenze indiscriminate nell’ambito dell’operazione militare che le ha viste coinvolte al fianco delle truppe federali etiopiche.
Nel rapporto presentato da Human Rights Watch si sostiene che, per rappresaglia degli attacchi sferrati dalle forze tigrine e dalla popolazione di Axum contro le unità militari dell’esercito federale e quello eritreo, il 19 novembre scorso queste ultime avrebbero condotto una massiccia campagna di bombardamenti contro la città, riuscendo ad espugnarla poi il 21 novembre e successivamente abbandonandosi a violenze indiscriminate sino al 28 successivo.
Le accuse mosse da Human Rights Watch sono basate su un rapporto dell’organizzazione realizzato intervistando 28 persone definite “testimoni e vittime degli abusi”, ed esaminando video ripresi nella città di Axum nei giorni in cui si sarebbero verificati i massacri. Una metodologia di lavoro e una scelta degli intervistati che, secondo l’Eritrea e l’Etiopia, riflette la sola posizione del TPLF, peccando di indipendenza e precisione.
Secca la smentita di quanto sostenuto da Human Rights Watch da parte del governo eritreo, che, per il tramite del ministro dell’informazione Yemane Meskel, respinge ogni accusa formulata dall’organizzazione non governativa accusandola di essere parte di una strategia orientata da almeno dieci anni a promuovere un “regime change” in l’Eritrea.
Ad accusare Asmara di essere intervenuta nel Tigrai, tuttavia, si è aggiunto anche il ministro degli esteri della Finlandia Pekka Haavisto, che, di ritorno da una missione condotta per conto dell’Unione Europea, ha non solo espresso un giudizio di profonda preoccupazione per il perpetuarsi del conflitto e delle violenze in Tigrai ma, soprattutto, ha accusato il governo federale etiopico di non aver saputo fornire un quadro preciso del conflitto e in particolar modo della presenza di militari eritrei.
Alla fine di febbraio, inoltre, anche lo special rapporteur delle Nazioni Unite per l’Eritrea, Mohamed Abdesalam Babiker, ha chiesto che venga organizzata una rapida inchiesta indipendente per fare chiarezza sulle accuse mosse contro l’Eritrea di aver attaccato e distrutto i due campi profughi di Shimelba e Hitsas, nel Tigrai etiopico, deportando un gran numero di rifugiati eritrei che qui avevano trovato riparo.
Entrambe le accuse sono state ancora una volta decisamente smentite dal governo eritreo, che ha formalmente replicato a Ginevra all’OHCHR per mezzo della sua delegazione alle accuse mosse dal rapporteur Babiker, e parimenti contestato attraverso il ministero dell’informazione le accuse mosse dal rappresentante europeo Pekka Haavisto, sostenendo in entrambi i casi che sia in atto una chiara strategia per trasformare l’Eritrea nel colpevole della crisi regionale, al fine di colpirne la credibilità politica.