Il 22 marzo il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato con un provvedimento (2021/478) l’irrogazione di sanzioni contro undici individui e quattro entità ritenute responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.
Tra questi è stato inserito l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale del governo eritreo, presieduta dal Magg. Gen. Abraha Kassa, alle dirette dipendenze del presidente Isaias Afeworki. L’accusa formulata è quella di “gravi violazioni dei diritti umani in Eritrea, in particolare arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate di persone e torture commesse dai suoi agenti”.
Il Ministero degli Affari Esteri dell’Eritrea ha prontamente e seccamente respinto le accuse formulate dal Consiglio dell’Unione Europea, diramando un comunicato lo stesso 22 marzo.
Il governo eritreo giudica le accuse formulate dall’Unione Europea offensive e prive di fondamento, ed accusa il Consiglio di non avere “alcuna prerogativa legale o morale per la sua decisione e ha semplicemente invocato accuse inventate per molestare l’Eritrea per altri motivi”.
Il documento continua muovendo accuse all’Unione Europea, rea secondo Asmara di aver “lavorato ostinatamente per salvare e riportare al potere la defunta cricca TPLF e per minare gli sforzi della regione per affrontare le sfide e promuovere una cooperazione globale e duratura”.
Secondo il Ministero degli Esteri di Asmara, l’Unione Europea avrebbe intrapreso quest’azione nel tentativo di “creare un cuneo tra l’Eritrea e l’Etiopia”.
Mentre le sanzioni irrogate dall’Unione Europea si riferiscono a crimini commessi – a giudizio del Consiglio – all’interno della nazione eritrea, il governo di Asmara, nel rigettare le accuse, sposta il piano della questione sulla crisi del Tigrai e le accuse mosse al paese di partecipazione al conflitto.
