Somalia. Cosa è fare un passo più lungo della gamba? È quello di chi proroga in maniera arbitraria il proprio mandato, da deputato o da Presidente, rischiando il vitale sostegno esterno? Oppure quello di chi rifiuta di accettare questa realtà dei fatti pur non avendo alcuna alternativa immediata?
La politica somala è oggi catturata tra questi due estremi. Per paradosso l’indecisione è allo stesso tempo un freno che impedisce il pieno dispiegarsi della crisi. Non vi sono dunque novità, nonostante il tuonare di condanne esterne – dal Consiglio di sicurezza ONU (riunito in sessione informale), alle strutture militari statunitensi per l’Africa (AFRICOM). Quel Comandante, il quadristellato Townsend, non ha esitato a dichiarare che la stabilità del Paese sia minacciata ora dalla proroga del mandato e dalla disfunzionalità della politica più che dal terrorismo Al Shabaab, rispetto al quale egli aveva già avallato il ridispiegamento del piccolo contingente di addestratori e Forze speciali presente in Somalia.
La situazione a Mogadiscio resta tesa. Farmajo mantiene il controllo e la fedeltà degli apparati di sicurezza e sebbene il clan Hawiye gli abbia ritirato il proprio sostegno, con accenno di vaga minaccia sulla popolazione che saprà come sbarazzarsi dell’ormai fastidiosa sua presenza, non siamo però più nell’epoca d’oro dei decisivi consigli degli anziani. Segnalati movimenti di miliziani slegati dall’alveo governativo, parte della stampa locale e quella internazionale non hanno esitato a sottolineare come le Forze lealiste non controllino più diversi quartieri nella capitale: in realtà non una novità dell’ultima ora.
L’opposizione da parte sua non è però riuscita ad andare avanti con l’idea di un Governo parallelo, pure vagheggiata come soluzione. Nemmeno vi è stata una sollevazione popolare e la scelta dei leader dell’opposizione di riparare fuori Mogadiscio è stata un chiaro segnale della scarsa fiducia che essi per primi nutrivano in una prova di forza.
Si intende ovviamente resistere all’estensione del mandato, ma la via resta l’appello ai partner esterni perché siano di sostegno nei futuri colloqui che tuttora restano lo strumento con cui sbloccare la crisi. Le quotazioni di Farmajo sono in ribasso, ma egli resta centrale in un sistema di potere ramificato; anche solo guadagnare altro tempo può rivelarsi utile se non prezioso. L’arrivo di 144 poliziotti nigeriani inquadrati in AMISOM può essere un puntello alla sua esperienza.
L’Unione africana, indicata come mediatore e facilitatore verso un accordo (occorre trovare soluzioni africane ai problemi africani), ha condannato la proroga e invita a risolvere l’impasse. Nominato perciò a tal fine un Inviato Speciale. Questa linea è sposata anche dall’IGAD (Autorità governativa per lo sviluppo regionale, a trazione keniota): sintomo della poca voglia, in questo momento, di precipitarsi verso una soluzione nonostante la capriola autoritaria di Presidente e Parlamento – da individuare semmai per consenso.