Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, ha sciolto l’8 maggio il Parlamento, dando in tal modo seguito agli impegni assunti con la firma del piano di pace del settembre 2018.
Non è stata ancora indicata la data entro la quale sarà formato il nuovo Parlamento, che sarà composto da 550 deputati nominati direttamente dei partiti, ma la notizia dello scioglimento è stata accolta positivamente dalle forze politiche.
Il nuovo Parlamento dovrebbe idealmente permettere il superamento dei contrasti che hanno dilaniato il paese negli ultimi anni, favorendo una stabilità nei rapporti tra il presidente Salva Kiir e il vicepresidente Riek Machar, attori primari delle dinamiche politiche del Sud Sudan.
Ciò che preoccupa gli osservatori della politica sudanese resta tuttavia la composizione del nuovo Parlamento, che sarà per tre quarti espresso dal partito del presidente Salva Kiir – Il Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese, SPLM – e per un quarto da quello del vicepresidente Riek Machar – il Movimento di Liberazione del Popolo Sudane In Opposizione, SPLM-IO.
Una maggioranza schiacciante, che rischia di compromettere qualsiasi ipotesi di coesione riproponendo in tempi brevi le dinamiche ricorrenti della conflittualità sudanese.
I principali punti all’ordine del giorno del nuovo esecutivo che scaturirà dal prossimo Parlamento sono molti, sebbene il più urgente sia certamente quello connesso alla ricostituzione di un esercito nazionale che assorba al suo interno le diverse milizie oggi nel paese, impedendone l’azione autonoma a favore delle comunità di appartenenza o dei diversi schieramenti politici. Una trasformazione impegnativa, su cui non molti esprimono posizioni di ottimismo, temendo che quella attuale possa rappresentare solo una breve fase di tregua prima della ripresa delle tensioni regionali.
Tra chi esprime i propri timori per il futuro della stabilità del Sud Sudan deve essere certamente incluso il World Food Program, che ha recentemente lanciato l’allarme sulla produzione di cereali nel paese, sostenendo che oltre sette milioni di persone potrebbero essere esposte a rischi alimentari in conseguenza del vertiginoso calo della produzione, da imputarsi all’insicurezza che non permette agli agricoltori di condurre le proprie attività in diverse province del paese.