I rappresentanti del governo di transizione del Sudan e quelli del principale gruppo di opposizione, il Movimento di Liberazione Popolare del Sudan del Nord (SPLM-N), sono tornati ad incontrarsi in un incontro promosso a Juba dal presidente del Sud Sudan Salva Kiir.
L’incontro si è tenuto il 26 maggio e vi hanno preso parte il presidente Abdel Fattah al-Burhan e il primo ministro Abdalla Hamdok in rappresentanza delle istituzioni di Khartoum, e Abdel Aziz al-Hilu, in rappresentanza del SPLM-N.
La ripresa dei colloqui avviene a meno di due mesi dalla firma di una dichiarazione di intenti che le parti hanno sottoscritto lo scorso aprile per definire il contesto entro il quale organizzare i colloqui di pace.
L’impegno da parte del governo è molteplice. Da una parte l’obiettivo è quello di porre fine alla conflittualità etnica a lungo sobillata in passato nel corso del regime presieduto da Omar al-Bashir, favorendo un accordo con uno dei principali gruppi di opposizione, che ancor oggi esercita un esteso controllo nelle province del Nilo Azzurro e del Sud Kordofan. Dall’altra il governo è anche impegnato nel tentativo di smobilitare e definitivamente integrare nell’ambito di un esercito unitario nazionale le diverse milizie indipendenti che operano nel paese, la cui autonomia rappresenta un forte potenziale di instabilità.
Nel tentativo di favorire il processo di pacificazione nazionale, il governo di transizione ha avviato nel corso dell’ultimo anno colloqui di pace con la maggior parte delle formazioni di opposizione, riuscendo a definire accordi con numerose di queste. La più intransigente delle forze di opposizione resta quella dell’Esercito-Movimento di Liberazione del Sudan, guidata da Abdel-Wahid Nour, che rifiuta categoricamente qualsiasi compromesso con le autorità di transizione, mentre il SPLM-N era tra le organizzazioni che ancora non avevano accettato la proposta di mediazione delle autorità di Khartoum, e che ha adesso deciso di avviare la fase di colloqui ponendo precise condizioni per la sua accettazione.
Tra queste, in particolar modo, viene specificata la richiesta di un assetto istituzionale laico, senza alcuna prerogativa religiosa nella carta costituzionale e nell’esercizio del potere politico, nell’ottica di un superamento dei conflitti etnici che hanno insanguinato il paese nel corso degli ultimi anni, soprattutto in conseguenza della volontà del precedente regime di contrapporre le comunità etniche arabe a quelle africane.
Una richiesta impegnativa per il governo, che deve mediare sull’argomento con altre componenti del tessuto sociale sudanese espressione di una matrice più squisitamente tradizionale e confessionale, che sul richiamo ai principi dell’Islam nella legislazione nazionale ha da tempo espresso le proprie richieste.
Per Abel Aziz al-Hilu, la questione della laicità dello Stato è un elemento vincolante all’adesione al processo di pace, e il timore è quindi quello di un rapido stallo nei colloqui in conseguenza di quella che verosimilmente sarà una strategia conciliatoria da parte del governo di transizione.
I colloqui sono stati aggiornati più volte dopo l’avvio dinanzi al relatore della commissione di mediazione, Dhieu Mathok, facendo segnare progressi e lasciando sperare per una positiva conclusione preliminare nel corso della prima settimana di giugno.
Il governo di transizione del #Sudan e i rappresentanti del #SPLM-N riprendono le trattative di pace a #Juba, nel Sud Sudan. La richiesta di uno stato laico è la principale condizione posta da Abdel Aziz al-Hilu per accettare il dialogo.