L’ex presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud è tornato ad attaccare l’attuale presidente, Mohamed Abdullahi Farmajo, attribuendogli grandi responsabilità sul piano della sicurezza e soprattutto nella lotta alle formazioni jihadiste dell’al Shabaab.
Secondo l’ex presidente, infatti, l’arresto di Mukhtar Robow nel 2018 avrebbe determinato un clima di profonda sfiducia verso le autorità governative tra coloro che intendevano lasciare l’organizzazione terroristica dell’al Shabaab, rafforzandola ulteriormente.
L’arresto e la detenzione di Robow, secondo Hassan Sheikh Mohamud, sarebbe avvenuto nell’ambito di un contesto giuridico del tutto arbitrario, evocando l’idea di un mero atto di prevaricazione personale da parte del presidente Faramajo, scoraggiando in tal modo numerosi esponenti di spicco dell’al Shabaab dal defezionare, nel timore di condividere la sorte di Robow.
L’ex presidente ha accusato Farmajo di interferire con l’attività del sistema giudiziario e di aver politicizzato a fini di interesse personale lo strumento della sicurezza, conseguendo scarsi risultati sul piano della lotta all’al Shabaab e, anzi, agevolandone il rafforzamento in numerose aree del paese.
Mukhtar Robow, originario della regione di Bakol, conosciuto anche come Abu Mansur, del clan Rahaweyn e sub-clan Leysan, fu uno dei primi e più importanti membri dell’organizzazione jihadista dell’al Shabaab, alla quale aderì sin dall’inizio, nel 2004, durante il periodo di governo delle Corti Islamiche a Mogadiscio.
Divenutone uno dei vertici, la militanza di Robow nei ranghi dell’organizzazione jihadista iniziò a diventare critica all’atto dell’ascesa di Ahmed Abdi Godane, anche noto come Mukhtar Abu Zubair. Dopo una lunga fase di fazionalismi esasperati e veri e propri conflitti interni, nel corso dei quali Godane uccise buona parte dei suoi avversari, Robow decise di defezionare nel 2013 e si arrese poi alle forze federali nell’agosto del 2017. Iniziò quindi ad accusare i vertici dell’al Shabaab di corruzione e cieca violenza, incitandone i militanti alla defezione ed acquisendo progressivamente una certa popolarità nella regione sud occidentale di cui è originario.
L’anno successivo annunciò di volersi candidare alle elezioni regionali dello Stato del Sud Ovest (il Koonfur Galbeed), dando avvio ad un lungo contenzioso sul piano giuridico con il governo federale di Mogadiscio, che cercò con ogni mezzo prima di dissuaderlo e poi di impedirgli di concorrere alle elezioni, sino all’arresto da parte delle forze dell’Amisom nel dicembre del 2018.
Trasferito a Mogadiscio sotto stretta sorveglianza, l’arresto di Robow provocò poi un contrasto tra il governo presieduto dal presidente Farmajo e l’inviato speciale dell’ONU Nicholas Haysom, di cui fu chiesto poco dopo l’allontanamento dalla Somalia con l’accusa di interferenze negli affari interni del paese.
Le reali motivazioni che portarono all’arresto di Robow sono rimaste sempre avvolte nel mistero, e appare poco credibile la motivazione di una sua impresentabilità in conseguenza del suo passato nelle forze dell’al Shabaab, alla luce dei numerosi ex islamisti e jihadisti reintegrati nelle istituzioni somale, come il presidente dello stato del Jubaland, Ahmed Mohamed Islam Madobe, già membro di spicco delle Corti Islamiche, o il comandante dei servizi segreti interni, Zakarariya Hersi, già esponente di spicco dell’intelligence dell’al Shabaab (l’Amniyat).
Le reali ragioni dell’arresto di Robow sono probabilmente da individuarsi nella sua percezione da parte del governo federale di Mogadiscio, e del presidente Farmajo in modo particolare, come espressione di quell’insieme di poteri politici eterodiretti dalla Gran Bretagna, attraverso il ruolo attivo del Kenya, finalizzati all’indebolimento delle capacità nazionali della Somalia attraverso il rafforzamento delle sue entità federali.
La grande popolarità di Robow nello Stato del Sud Ovest, e la concreta possibilità di una sua vittoria elettorale, in tal modo, è stata giudicata una reale minaccia per la sicurezza dello Stato e per la tenuta delle istituzioni federali, rendendo necessaria una misura eccezionale per scongiurare la possibilità di una ulteriore deriva autonomista o, peggio, indipendentista.
La dimensione dei rapporti con il Kenya è stata ulteriormente evocata nell’ambito delle recenti critiche espresse dall’ex presidente Hassan Sheikh Mohamud nei confronti di Mohamed Abdullahi Farmajo. Secondo l’ex presidente, Farmajo avrebbe deteriorato inutilmente le relazioni con il Kenya, dando vita ad una crisi che in alcun modo serve l’interesse della Somalia.
Non solo. Sheikh Mohamud ha anche aggiunto di ritenere credibili le accuse contenute in un recente rapporto delle Nazioni Unite circa la presenza di soldati somali – addestrati dall’Eritrea – nel conflitto in Tigrai. Queste unità militari, ha concluso l’ex presidente, si sono rese complici di quello che definito senza mezzi termini come un genocidio.