Secondo un articolo pubblicato il 16 giugno dal Times of Israel, il Sudan avrebbe manifestato il proprio disappunto per gli scarsi risultati conseguenti all’accettazione dell’accordo di normalizzazione con Israele.
In particolar modo, il governo di Khartoum avrebbe lamentato l’insufficiente capacità da parte degli Stati Uniti di favorire l’afflusso di capitali e investimenti nel paese, di aver mancato la promessa di investire nel settore agricolo e tecnologico nazionale, così come nella promozione del sostegno da parte degli organismi finanziari internazionali.
Queste frustrazioni avrebbero determinato correnti politiche ostili alla continuità dell’accordo con Israele, sostenitrici della necessità di una revisione in conseguenza dell’elevato rischio politico e sociale connesso al rapporto con Tel Aviv e del parallelo mancato apporto economico nel sostenere una così impegnativa scelta.
L’ex ministro dell’intelligence israeliano Eli Cohen aveva visitato il Sudan lo scorso gennaio, guidando una delegazione con la quale le autorità locali avevano iniziato a definire un’agenda di lavoro comune. La continuità di questo processo di collaborazione, tuttavia, sembra essere stata messa in discussione alla luce degli scarsi risultati economici connessi all’accordo, con il rischio di un progressivo congelamento.
Secondo la stampa israeliana il #Sudan sarebbe insoddisfatto dei risultati economici connessi alla firma degli accordi per la normalizzazione delle relazioni con Tel Aviv, e una fronda politica sarebbe già attiva nel chiederne la revisione.