Elette in Somalia le prime due donne al Senato, in rappresentanza del SudOvest: Zamzam Ibrahim Ali e Ayan Aden Abdullahi. Entrambe hanno surclassato (81 voti a 4 e 79 a 8) le rivali – che nel sistema attuale ciascuno può scegliere da sé. Le elezioni per il Senato proseguono anche in Galmudug, HirShabele e Puntland, che a breve comunicheranno le liste per le elezioni dei rispettivi senatori.
A Jowhar, nel Basso Scebelli, intensi combattimenti hanno invece opposto militanti dell’Al Shabaab a militari somali e truppe burundesi dell’AMISOM (Missione dell’Unione Africana in Somalia); non si segnalano conseguenze per le persone. Presso Mogadiscio a Heliwaa analoghi combattimenti hanno invece provocato un decesso tra i militari somali.
Tra questi eventi si colloca la transizione somala e il tentativo attuale di mantenerla in corsa. Le minacce di sicurezza si confermano di basso livello, ma costanti. Non depone a favore del loro contenimento il dibattito sinora inconcludente sul destino della stessa AMISOM, Missione che dovrebbe terminare nel 2021. Le parti stanno rivedendo i propri piani sul proseguimento – che appare certo, ma entro forme ancora da definire.
La revisione serve a risolvere da un lato un tema di sostenibilità dei costi, che ci si propone di condividere con l’ONU. È difficile tuttavia porre il dibattito solo su un binario di efficienza, nel momento in cui ad esempio la Turchia prospetta da sola un finanziamento da 30 milioni di dollari in un anno per sostenere le Autorità somale (5 agosto). Vi è il parallelo tema dell’incentivo/disincentivo alle stesse Autorità di Mogadiscio ad assumersi la piena responsabilità dei compiti di sicurezza – e last but not least quello della transizione.
Date le criticità di sicurezza ogni contributo positivo è ben accetto. Allo stesso tempo pur in un ambiente difficile le Forze nazionali somale non intendono rinunciare alla preminenza nelle scelte di sicurezza, che hanno un riflesso determinante sulla sfera politica e sulla direzione e la forza della transizione.
A Mogadiscio si teme dunque che le modifiche paventate alla Missione – con un maggiore ruolo ONU verrebbe anche il rafforzamento delle componenti civili aggiunte a quelle militari – possano comportare un passo indietro sul contrasto alle minacce mentre se ne rafforza il ruolo politico. I compiti ibridi di assistenza umanitaria e di monitoraggio dei diritti umani verrebbero infatti affidati anche a Governi confinanti e rivali (Kenya in primis) dell’attuale establishment somalo – che non può dunque acquiescere.
La tensione può complicare la situazione politica, che oltre il risultato positivo delle prime elezioni vede anche rinnovate tensioni con il Somaliland, con il Premier Roble che ha insediato una nuova Commissione Elettorale locale, peraltro dopo aspre critiche giunte dal Presidente del Senato Abdi Hashi Abdullahi.
La polemica monta anche con il Presidente Farmajo, che ha emesso un divieto a stipulare nuovi accordi con l’estero (si citano espressamente quelli in materia di sicurezza e commerciale) durante la campagna elettorale. La decisione è stata promulgata in concomitanza con una missione ufficiale keniota a Mogadiscio, che avrebbe forse potuto sbloccare il tema del commercio bilaterale del khat. Roble difende le proprie immutate prerogative, ma il ruolo di Nairobi nella politica nazionale somala resta facile occasione per rialzare la posta in vista della imminente campagna elettorale presidenziale.
Il processo politico – come il contrasto al terrorismo – continua dunque a oscillare tra ricerca di un risultato positivo e pervicaci resistenze di centri di potere costituiti, decisi a non arretrare.