Dopo la notizia della scorsa settimana riguardo alla precaria situazione umanitaria in Tigrai e nell’Amhara, la preoccupazione per la scomparsa di circa 400 tir continua a tenere banco nella politica etiopica. Un indagine di fact-checking condotta dalla BBC ci consente di avere un’immagine più chiara della situazione attuale, scontandola dalle reciproche accuse fra governo e TPLF.

La principale rotta per rifornire il Tigrai di aiuti umanitari passa dal confine con l’Afar ed è la strada che connette Abala a Macallè, la capitale del Tigrai. Il flusso di aiuti per lenire il pericolo di carestia nel Tigrai stilato dal World Food Programme (WFP) e coordinato da UNOCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) è stimato in 100 camion al giorno, i quali ovviamente trasportano cibo ma anche altri beni di prima necessità e carburante. Finora, dei 466 camion entrati nel Tigrai da metà luglio di quest’anno, solo 38 sono tornati, ben 428 risultano dunque dispersi.

Il TPLF ha affermato in merito che “gli autisti sono provvisti del carburante utile solamente ad un viaggio di sola andata nel Tigrai” e che numerosi di questi autisti, essendo tigrini, si sono lamentati di violenze, intimidazioni e maltrattamenti da parte delle forze governative durante le ispezioni effettuate ai checkpoint per entrare nel Tigrai. Perciò molti autisti di origine tigrina non hanno intenzione di fare il viaggio di ritorno,  inoltre siccome il governo ha chiuso tutte le banche nel paese e ha congelato gli asset di buona parte delle aziende e della popolazione vi è anche una scarsità endemica di denaro, il che impedisce di comprare il carburante necessario. Quest’ultimo è anch’esso scarso e dunque venduto a prezzi molto alti.

Il governo, di contro, ha accettato l’affermazione per cui il mancato ritorno dei camion è la causa principale della difficoltà nel portare gli aiuti in Tigrai ma ha negato che la scarsezza di carburante sia una delle cause e anzi, Mitiku Kassa, il Commissario per la Gestione del Rischio di Disastro Nazionale, ha affermato che i camion potrebbero essere stati sequestrati dal TPLF.

UNOCHA da parte sua ha affermato che vi sono due principali ragioni per cui gli autisti non vogliono tornare indietro dal Tigrai: “una mancanza del carburante per il viaggio di ritorno, così come la paura per la loro sicurezza”. L’agenzia dell’ONU si è infatti lamentata numerose volte del blocco di rifornimenti di carburante che inviava nella regione da parte delle autorità governative dell’Afar. Perciò “La mancanza di denaro e le ulteriori difficoltà che questo crea nel trovare del carburante rende altamente impegnativo per i camion tornare da Macallè”.

L’ONU ha stimato che 200.000 litri di carburante sono necessari ogni settimana per far muovere i suoi convogli, tuttavia dal 12 luglio solamente 300.000 litri sono arrivati in Tigrai. Le riserve sono dunque finite il 17 settembre circa, mentre nove autocisterne con i rifornimenti sono stazionate nell’Afar in attesa del via libera da parte delle autorità governative.

Lo stallo della situazione umanitaria sembra dunque piuttosto arduo da superare, forse solamente con il procedere del conflitto la situazione verrà sbloccata. Ad ogni modo speriamo che gli aiuti possano continuare a fluire presto per evitare che la situazione, già precaria, possa diventare una carestia vera e propria in tutta la regione come temuto e annunciato da mesi.

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