Si presenta alquanto caotica e controversa la questione connessa alla presunta volontà del Somaliland di voler partecipare alle elezioni politiche della Somalia attraverso una rosa di propri candidati per la Camera Alta.
Il vice primo ministro somalo Mahdi Mohamed Gulaid e il presidente dello stesso Senato Abdi Hashi Abdullahi, hanno pubblicato lo scorso 21 settembre un elenco di 24 candidati che intendono partecipare alle elezioni in rappresentanza del Somaliland, sottoponendo la lista al primo ministro Mohammad Hussein Roble, che l’ha formalmente approvata.
La lista dei 24 candidati, come spesso accaduto dal 2016, sarebbe tuttavia espressione della volontà individuale degli stessi e non già dell’autoproclamato governo del Somaliland, che si proclama autonomo e formalmente estraneo al processo politico ed elettorale della Somalia.
Il 22 settembre, infatti, il ministero degli Esteri del Somaliland ha diramato un comunicato nel quale conferma il disinteresse dell’autoproclamata repubblica di esprimere propri rappresentanti all’interno delle istituzioni somale, accusando al tempo stesso i politici somali di diffondere notizie fuorvianti in merito ad una presunta apertura del Somaliland verso le istituzioni federali somale.
I 24 candidati della lista approvata da Roble con riferimento al Somaliland, quindi, sono parte di un controverso meccanismo politico interno al paese che, pur formalmente ribadendo la propria indipendenza ed organizzando regolarmente le proprie elezioni, autorizza dal 2016 la partecipazione alle elezioni federali somale di quei politici che auspicano un ritorno all’unità somala.
Un ibrido politico, pertanto, che vede il Somaliland al tempo stesso perorare formalmente la causa dell’indipendenza, sebbene indirettamente partecipando per iniziativa individuale di alcuni suoi esponenti politici alle dinamiche istituzionali della Repubblica Federale della Somalia.
La partecipazione di esponenti del Somaliland alle elezioni politiche somale, tuttavia, viene strumentalizzata di sovente in Somalia come espressione di una volontà locale di rientrare nel consesso della federazione di stati somali, provocando la ferma e secca reazione delle autorità del Somaliland, che accusano a loro volta Mogadiscio di rivendicare prerogative di sovranità inesistenti.
Un contesto quindi a dir poco unico, caratterizzato da una indipendenza di fatto del paese dal 1991, espressa da una maggioranza pressoché assoluta sul piano popolare nel 1993, sebbene non riconosciuta da alcun paese od organizzazione internazionale.
In questo complesso sistema di equilibri, la società del Somaliland si riconosce maggioritariamente nell’ambito di una percezione indipendente dello stato rispetto alla Somalia, dando vita ad una dinamica politica intensa e costante, che ad intervalli regolari esprime attraverso il voto il sistema di governo nazionale. Ed è proprio nell’ambito di queste dinamiche, quindi, che il 24 settembre il presidente del partito di opposizione Waddani, Abdirhaman Mohamed Abdullahi “Irro”, si è recato ad Abu Dhabi per incontrare l’ex presidente del Somaliland Ahmed Mohamed Mohamoud “Siilaanyo”, in quello che è stato pubblicamente presentato come un amichevole scambio di vedute sulla corrente situazione politica nel paese. L’incontro si inserisce nel contesto del febbrile clima politico del paese, che sia appresta il prossimo anno ad indire le elezioni del Presidente e della Camera Alta – il Guurti, o Camera degli Anziani – e ha visto la partecipazione anche dell’influente leader tribale Osman Haji Mohamoud, detto Buurmadow.
Contestualmente, invece, una lista di cittadini del Somaliland si appresta a concorrere per l’ingresso nelle istituzioni federali somale, rappresentando una componete minoritaria della popolazione che considera imprescindibile il legame con Mogadiscio e il resto della Somalia. Un paradosso che le autorità di Hargeisa al tempo stesso ammettono e condannano, definendo in tal modo la misura del limbo in cui il Somaliland si trova a vivere da oltre trent’anni.