Le autorità dell’Etiopia hanno espulso dal paese il 25 settembre scorso 7 rappresentanti delle Nazioni Unite, con l’accusa di “ingerenze negli affari interni del paese”. Tra questi figura il rappresentante locale dell’UNICEF, il consulente locale dell’Ufficio per gli Affari Umanitari e cinque funzionari impegnati nel programma di distribuzione degli aiuti nella regione del Tigrai.
L’espulsione si inserisce nel contesto del crescente clima di tensione politica all’interno del paese, caratterizzato dall’adozione da parte delle forze di governo del Partito della Prosperità di una narrativa sempre più marcatamente anti-occidentale.
Il governo di Abiy Ahmed senza mezzi termini accusa gli Stati Uniti, gli europei e le Nazioni Unite di sostenere le forze del TPLF tigrino, sia attraverso una campagna mediatica orchestrata a livello internazionale, sia attraverso l’aiuto materiale fornito sul campo da quelli che considera infiltrati nei ranghi delle organizzazioni dell’ONU e delle ONG umanitarie.
Una narrativa ormai largamente diffusa, che ha esacerbato i toni del dibattito pubblico sul conflitto nel Tigrai e sulle contestuali proteste in diversi stati regionali del paese, isolando sempre più il governo di Addis Abeba sul piano internazionale.
La medesima narrativa, identica per toni e linguaggio, viene alimentata dall’Eritrea attraverso il ministero dell’Informazione e la rete di identità social di cui dispone sulle principali piattaforme, offrendo il quadro della continuità nel pieno allineamento delle posizioni di Addis Abeba ed Asmara.
Secondo i principali organi di stampa vicini al governo etiopico, invece, le Nazioni Unite sarebbero state ripetutamente avvertite della condotta sospetta dei loro funzionari impegnati nel paese, chiedendone a più riprese la sostituzione. Il ministero degli Esteri, in particolar modo, avrebbe notificato con diversi giorni d’anticipo l’intenzione di espellere i funzionari, chiedendone una rapida sostituzione capace di evitare i clamori dell’espulsione.
I principali reati contestati ai 7 funzionari dell’ONU sono connessi alla violazione del memorandum di accordo tra le Nazioni Unite e l’Etiopia del novembre 2020, e in particolar modo la fornitura di apparecchiature di comunicazione alle forze del TPLF – considerato dal governo come un’organizzazione terroristica – nella distrazione delle derrate alimentari e degli aiuti medici ad esclusivo beneficio della medesima organizzazione e, non ultimo, in conseguenza della reticenza dimostrata nella questione della sottrazione da parte dei tigrini di oltre 400 automezzi impiegati per la distribuzione degli aiuti umanitari e poi utilizzati per spostare le proprie truppe.
Sempre secondo la stampa etiopica, il caso sarebbe emerso grazie alle informazioni trasmesse da un membro dell’ONU stessa, che avrebbe denunciato il comportamento illecito dei funzionari dimostrandone la violazione degli impegni di neutralità e imparzialità.