Il 30 settembre si è tenuto in 47 circoscrizioni dell’Etiopia il secondo turno delle elezioni, completando in tal modo il ciclo elettorale che ha di fatto già sancito la vittoria del Partito della Prosperità del primo ministro Abiy Ahmed.

Si è votato nella regione dei Somali, nell’Harari e negli Stati dei Popoli e delle Nazionalità Meridionali, mentre non è stato possibile portare al voto le 64 circoscrizioni del Tigrai, stante il perdurante stato di crisi nell’intero stato regionale.

Il completamento del processo elettorale – pur privo dei 6 milioni di voti del Tigrai – permetterà a partire dal 4 ottobre al premier Abiy Ahmed di poter formare un nuovo governo, forte dei numeri ottenuti nelle elezioni di giugno e in quelle del 30 settembre scorso.

Non sono mancati episodi di dissenso nel paese in occasione della data del voto. Nella regione dei Somali i partiti di opposizione hanno deciso di non candidarsi e di invitare i cittadini a non recarsi alle urne, accusando il governo di aver manipolato il processo di selezione dei candidati.

Ad Addis Abeba e in Oromia proteste sono scoppiate il 1° ottobre, in occasione delle festività dell’Irreecha, quando migliaia di persone sono scese per le strade per chiedere la liberazione dei leader di opposizione.

Nelle manifestazioni sono stati scanditi slogan contro il primo ministro Abiy Ahmed e di sostegno a Jawar Mohammed, oppositore politico arrestato in seguito ai disordini scoppiati all’indomani dell’omicidio del popolare cantante oromo Hachalu Hundessa, il 29 giugno del 2020. Numerosi manifestanti hanno anche inneggiato a Jaal Maroo, già comandante delle forze dell’Esercito di Liberazione Oromo (OLA), chiedendone la liberazione.

La protesta del 1° ottobre è stata intenzionalmente organizzata dalle forze di opposizione dell’Oromia all’interno delle grandi celebrazioni annuali dell’Irreecha, la festività che segna la fine della stagione delle piogge e l’inizio della stagione della semina, quando migliaia di persone si riversano nelle strade per festeggiare.

Profonde contraddizioni e divisioni caratterizzano in questa fase la protesta del popolo Oromo, che, pur rappresentando la maggioranza della popolazione etiopica, da sempre lamenta una sua marginalizzazione all’interno del sistema politico, vedendo sacrificate molte delle proprie prerogative.

Il presidente del Fronte Nazionale per la Liberazione dell’Oromia, Abdirahman Mahdi, pur esprimendo critiche all’operato del governo di Addis Abeba, invoca la riuscita del dialogo nazionale, interpretando il proprio ruolo di opposizione politica all’interno del contesto costituzionale. L’obiettivo dell’ONLF, al pari della gran parte dei partiti etno-nazionalisti regionali, è quello di ottenere una vittoria politica contro il Partito della Prosperità di Abiy Ahmed, modificando in tal modo l’orientamento centralista del governo in direzione del tradizionale assetto costruito sugli equilibri etnici degli Stati regionali.

La gran parte dei partiti d’opposizione, quindi, rifiuta di abbandonare il solco del dialogo politico, pur manifestando apertamente la propria critica al premier Abiy Ahmed e al suo Partito della Prosperità. Al contrario, la gran parte delle milizie regionali un tempo vicine alle rispettive forze politiche, come l’Esercito di Liberazione Oromo (OLA), ha scelto la strada dello scontro armato e il sostegno delle politiche indipendentiste oggi guidate soprattutto dal TPLF in Tigrai.

È stato invece tratto in arresto il 30 settembre ad Addis Abeba l’ex esponente di opposizione tigrina Abraha Desta, già esponente del governo di transizione instaurato dal governo etiopico dopo la caduta del TPLF lo scorso novembre.

Desta, già membro del partito tigrino Arena, era stato arrestato in passato per tre anni dalle autorità del TPLF per la sua decisa opposizione al ruolo del partito di governo del paese, venendo per tale ragione scelto dalle autorità di Addis Abeba per il governo di transizione all’indomani della caduta di Macallè e del governo del TPLF lo scorso novembre.

Dopo aver ricoperto l’incarico di responsabile dell’ufficio per gli Affari Sociali del Tigrai, Desta aveva lasciato Macallè insieme alle forze dell’ENDF lo scorso giugno, quando le unità militari etiopiche vennero sopraffatte da quelle regionali del TDF. Da allora viveva ad Addis Abeba, dove tuttavia aveva iniziato ad assumere posizioni sempre più critiche sul governo di Abiy Ahmed, accusandolo di aver ordinato l’arresto arbitrario e la discriminazione dei cittadini di etnia tigrina.

L’arresto è stato formalmente motivato dall’accusa di incitazione alla rivolta della popolazione del Tigrai e per il possesso illegale di un’arma da fuoco.

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