Il 12 ottobre l’organo dell’ONU, la Corte Internazionale di Giustizia, con sede a l’Aia, ha, infine, emesso un verdetto sull’annosa questione dei confini marittimi tra i due stati del corno d’Africa, il Kenya e la Somalia. La Corte si è espressa in favore della Somalia, stabilendo che i confini marittimi seguiranno i confini terrestri tra i due paesi, con un lieve aggiustamento a favore del Kenya che sarebbe stata sfavorita con questo metodo, vista la conformazione della costa in quel punto.

Già giorni prima del verdetto il Ministero degli affari esteri keniota aveva comunicato attraverso un tweet che non avrebbero in alcun modo, a prescindere dall’esito, rispettato la decisione dell’organo delle Nazioni Unite, e così è stato.

Il presidente Uhuru Kenyatta ha tenuto un discorso per commentare l’esito della vicenda, ribadendo quanto espresso in precedenza dal governo e facendo leva su temi patriottici. Ricostruendo una breve storia del paese, citando il padre Jomo come leader dei padri fondatori del Kenya, il presidente Kenyatta ha dichiarato che la missione storica dei politici del paese è di difenderne l’integrità territoriale. Sul piano pragmatico ha dichiarato che l’obiettivo primario rimane quello di risolvere la contesa con la diplomazia, cercando l’intermediazione della African Union. Non è però escluso che decida di portare la questione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Nei giorni successivi la sentenza, l’attenzione si è spostata sulla marina militare del Kenya che naviga su quelle acque. La decisione del governo di Nairobi legittimerà la continuità di presenza della marina in quella porzione di mare. L’ex capo dell’aviazione keniota ha spiegato che la marina continuerà a vigilare in quel tratto di mare perché un suo ritiro potrebbe provocare un rafforzamento della pirateria nella zona, mettendo a repentaglio l’appetibilità dei porti di Lamu e Mombasa.

La disputa ha però risvegliato anche l’attenzione dei pescatori del porto di Lamu. Il vicepresidente dell’associazione ‘Save Lamu’, Ishaq Abubakar, ha parlato ai media appellandosi al governo e chiedendo di non fare passi indietro sulla decisione presa rispetto al verdetto e di far valere la posizione del Kenya, definendo la decisione della ICJ come “come un’impresa colonialista volta a destabilizzare l’integrità territoriale del Kenya.” Gli abitanti della zona sono molto preoccupati poiché ritengono che quella zona sia un fulcro per la pesca, il turismo e quindi l’alimentazione del paese, arrivando a minacciare il lavoro, secondo le loro stime, di 50’000 famiglie di pescatori della zona. Da quanto si evince, quindi, la situazione è ancora ben lontana dal concludersi.

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