L’11 novembre il generale Abdel Fattah al-Burhan ha nominato il nuovo Consiglio Sovrano di governo del Sudan, confermando per sé la carica di presidente, così come per il generale Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto come Hemetti) quella di vicepresidente.
Secondo quanto annunciato dalle forze armate, il Consiglio Sovrano avrà il compito di governare il paese sino alle prossime elezioni previste per il 2023.
Il nuovo governo, sorto dalle ceneri del colpo di stato dello scorso 25 ottobre, ha di fatto escluso dalla partecipazione tutti i rappresentanti dell’ala civile del deposto esecutivo guidato dal primo ministro Abdalla Hamdok, destando preoccupazione in seno alla popolazione sudanese.
Il generale al-Burhan ha in tal modo tradito ogni aspettativa di una possibile soluzione per il ritorno di un esecutivo a guida civile, mostrando chiaramente come gli equilibri di potere restino saldamente gestiti dalle diverse componenti dell’apparato militare.
La nomina del nuovo Consiglio Sovrano dimostra inoltre come il potere e l’influenza del generale Dagalo sia ancora capace di condizionare l’autorità del generale al-Burhan e delle forze armate regolari, che si trovano di fatto a dover gestire su un livello di equivalenza le milizie delle Forze di Supporto Rapido al comando di Mohamed Hamdan Dagalo.
Il nuovo Consiglio Sovrano è composto da 14 membri, tra i quali tre ufficiali d’alto rango delle forze armate, cinque civili e cinque ex leader dell’opposizione. Deve essere ancora nominato, invece, il rappresentante civile per la regione del Sudan orientale, stante il perdurare dei negoziati in loco.
Tra i leader dell’opposizione sono stati nominati Malik Agar, Alhady Idris e Altaher Hagar, tutti sottoscrittori degli accordi di Juba, mentre la gran parte dei rappresentanti politici civili sono poco conosciuti e ritenuti da molti come espressione di una linea di consenso con le autorità militari. Nessun esponente civile delle Forze per la Libertà e il Cambiamento è stato incluso nel nuovo governo, dimostrando come il negoziato con l’ex primo ministro Abdalla Hamdok non abbiano raggiunto alcun risultato, determinandone la marginalizzazione dal nuovo esecutivo.
La notizia della nomina del nuovo Consiglio Sovrano, presieduto ancora una volta da al-Burhan e Dagalo, ha generato proteste diffuse in buona parte della capitale del Sudan, Khartoum, e soprattutto nella sua periferia orientale, dove più intensa è stata l’opposizione al golpe nel corso delle ultime settimane.
Critiche alla decisione delle autorità militari sono state espresse anche dalla portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, che ha definito come preoccupante l’evoluzione del quadro politico, sostenendo che il Segretario Generale Guterres attendeva un ritorno immediato alla transizione politica e alla guida civile del governo.
Sono invece in molti, in Sudan, ad essere convinti del fatto che la formazione del nuovo Consiglio Sovrano sia stata possibile solo dopo che il generale al-Burhan ha ricevuto un tacito consenso da parte degli Stati Uniti, che guardavano con crescente sospetto ad alcune frange della Forze per la Libertà e il Cambiamento, soprattutto con riferimento alle aperture verso la Russia e la Cina.