Nuova evoluzione delle dinamiche politiche del Sudan, dove il 21 novembre il presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, Generale Abdel Fattah al-Burhan, ha reintegrato alla carica di primo ministro Abdalla Hamdok, rimosso con il colpo di stato dello scorso 25 ottobre promosso dalle stesse forze armate.

La televisione di stato ha mostrato il presidente e il primo ministro durante la cerimonia per la firma dell’incarico di governo, confermando in tal modo ai numerosi manifestanti che da settimane protestano contro il colpo di stato militare che il primo ministro civile fosse stato effettivamente reinstallato nella sua carica.

La decisione di reintegrare Abdalla Hamdok al guida del governo sudanese avviene dopo settimane di incessanti proteste in tutto il paese, caratterizzate spesso da violenze da parte delle forze di polizia e dell’esercito che hanno provocato la morte di numerose persone.

La continuità degli equilibri politici determinati dal golpe militare è risultata insostenibile per la compagine che ne ha promosso lo sviluppo lo scorso 25 ottobre, dovendo scendere a compromessi con le forze di opposizione e soprattutto con l’ex primo ministro, a gran voce reclamato dalla società in protesta.

L’accordo per il reintegro di Abdalla Hamdok include anche la liberazione dei detenuti politici incarcerati in seguito al colpo di stato, il ripristino del Consiglio dei Ministri sciolto lo scorso ottobre e l’integrazione delle milizie armate all’interno dell’esercito regolare, mentre non sono chiari allo stato attuale gli effettivi termini del mandato politico negoziato con il generale al-Burhan, secondo la stampa locale articolato su 14 punti d’intesa.

Ciò che appare evidente, tuttavia, è la sempre più netta spaccatura all’interno delle forze armate tra le componenti regolari, rappresentate dal generale al-Burhan, e quelle delle Forze di Supporto Rapido (RSF) del generale Mohamed Hamdan Dagalo, cui viene addebitata la principale responsabilità del colpo di stato dello scorso mese.

Il generale al-Burhan si è infatti pubblicamente impegnato ancora una volta a sciogliere le milizie – tra la quali certamente le Forze di Supporto Rapido occupano un ruolo preminente – integrandole nelle forze armate. Questo comporta, almeno in teoria, anche il dissolvimento dell’enorme apparato economico sotto il diretto controllo del vertice delle RSF, aprendo tuttavia alla possibilità di una reazione del generale Dagalo e della sua cerchia più ristretta di comando nelle RSF.

Si oppongono al nuovo accordo politico, su un diverso fronte, anche le formazioni politiche che si riuniscono nella coalizione delle Forze di Libertà e Cambiamento del Sudan (FCC), che non reputano sincera la posizione di al-Burhan e delle forze armate. Le forze del FCC lamentano inoltre il fatto che l’accordo raggiunto con Aballa Hamdok non solo cancella le responsabilità del golpe del 25 ottobre scorso, ma legittima di fatto nuovamente i vertici militari che ne sono stati artefici.

Anche il partito Umma, il principale in Sudan, ha rifiutato l’accordo e parimenti contrari sono anche gli aderenti del Sindacato dei Medici del Sudan (SDS), anch’essi non intenzionati a legittimare nuovamente i vertici delle forze armate.

L’FCC e l’SDS hanno organizzato una grande manifestazione di protesta dinanzi al palazzo presidenziale non appena è circolata la notizia della firma dell’accordo tra il generale a-Burhan e il primo ministro Hamdok, riuscendo a raccogliere numerosi aderenti che hanno scandito slogan contro i vertici del sistema militare.

Sebbene le principali critiche siano state indirizzate ai vertici dell’apparato militare, è tangibile nella protesta sudanese una profonda delusione per il ruolo giocato dal primo ministro Abdalla Hamdok nella sua trattativa con il generale al-Burhan, che in molti vedono come un tradimento dell’originario spirito rivoluzionario che aveva portato al controverso esperimento del Consiglio Sovrano di Transizione con i militari.

In molti, quindi, si chiedono se Hamdok sarà effettivamente in grado di gestire questa nuova fase di transizione o se, al contrario, verrà presto accomunato all’apparto militare perdendo il sostegno della società sudanese.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here