Prima dello scoppio del conflitto in Tigrai, in Etiopia, lo scorso novembre l’esercito federale etiopico era considerato uno dei migliori del mondo, il punto di riferimento degli Stati Uniti nel Corno d’Africa per la guerra al terrore ed il principale contributore delle missioni di peacekeeping dell’Unione Africana. Oggi sembra invece sia stato militarmente sconfitto, come indicano le chiamate alle armi di cittadini ed ex soldati di qualche settimana addietro.

Il TPLF invece si è dimostrato, nuovamente, una forza militare di grande resilienza ed agilità: dopo il primo mese di combattimenti in cui ha perso tutte le posizioni è passato alla strategia della guerriglia e dopo soli sei mesi è tornato alla guerra convenzionale, iniziando un’avanzata che si è fermata a 300 km dalla capitale.

Sembra che, tuttavia, il TPLF abbia provato ben 12 attacchi alla città di Millè senza successo e che l’obiettivo di strangolare Addis Abeba tramite un accerchiamento sia ogni giorno più lontano.

Ad ogni modo pare che delle 20 divisioni di cui è composto l’esercito ben 10, ovvero 5,000 soldati per ognuna, siano state distrutte dal TPLF con circa 10,000 soldati uccisi e un numero imprecisato di prigionieri. Sembra comunque che il TPLF stesso abbia subito ingenti perdite, Ann Fitz-Gerald un’analista di sicurezza canadese, lo afferma in quanto pare che i tigrini abbia usato “ondate umane” per guadagnare posizioni e aumentare il proprio potere di contrattazione in vista di negoziazioni. Tuttavia pare che le “ondate umane” siano state usate, secondo Alex de Waal, anche dall’esercito federale e dalle milizie amhara anche se con scarso successo.

La situazione militare indica quindi che il conflitto è in stallo, in quanto l’esercito manca di effettivi e il TPLF non riesce a procedere nella sua avanzata. Tuttavia nessuna di queste notizie ha ancora ricevuto conferme ufficiali.

Il prof. De Waal continua affermando che il governo etiopico affronta “una sconfitta militare, ma il TPLF non può reclamare la vittoria perché questa dev’essere politica”, in quanto “hanno bisogno del supporto e della cooperazione di un sufficiente numero di attori politici, che al presente non hanno” e dunque questi prevede che le negoziazioni siano la prossima tappa del conflitto. Dello stesso parere è Samuel Ghebhrehiwet, l’editore tigrino della BBC ed ex guerrigliero eritreo per l’EPLF, il quale ha affermato che “il TPLF vuole mettere il governo sotto pressione per negoziare. Non penso che entreranno ad Addis Abeba. Sono molto impopolari là”.

In quest’immagine che vede il TPLF in vantaggio rispetto al governo federale vi è tuttavia una crepa. La notizia, di domenica 21 novembre, è che un drone ha condotto un attacco contro un edificio in cui vi era un importante esponente del TPLF. Ancora non è conosciuta l’identità del target, ma si aspetta a breve una dichiarazione ufficiale di Getachew Reda, il portavoce del TPLF. Alcune voci affermano addirittura che il personaggio potrebbe essere il presidente del Tigrai, Debretsion Gebremichael, il che potrebbe cambiare la posizione del TPLF sensibilmente. La domanda rimane, tuttavia, invariata: data la situazione si continuerà con il conflitto o ci si avvia verso le negoziazioni?

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here