Nella costante campagna di disinformazione che caratterizza l’evoluzione del conflitto in Etiopia tra le forze federali e quelle del Tigrai, tra la fine del mese di novembre e l’inizio di dicembre è circolata su alcuni siti di informazione etiopici la notizia di un dispiegamento di forze militari russe e cinesi a Gibuti, con l’obiettivo di difenderne i confini con l’Etiopia e sostenere il governo di Abiy Ahmed.
Del tutto destituita di fondamento, la notizia è stata rilanciata da numerose testate online, alimentando un intenso dibattito anche a Gibuti, dove le questioni del conflitto civile in Etiopia sono oggetto di un particolare interesse.
Il governo gibutiano, in particolar modo, teme che il rilancio delle fake news connesse all’evoluzione del conflitto possa ancora una volta alimentare i disordini che hanno già più volte interessato le comunità delle minoranze Afar nel paese, innescando nuovi episodi di violenza.
La scarsità di organi di informazione professionali indipendenti, unitamente al proliferare di testate online che spesso divulgano i propri articoli attraverso il solo circuito dei social media, determina nella regione – e a Gibuti in particolar modo – un evidente problema di verifica e filtro delle informazioni, che spesso sfocia nella propagazione di informazioni false.
Nel caso specifico, la falsa notizia del dispiegamento dei militari cinesi e russi ai confini con l’Etiopia sarebbe stata divulgata e diramata da attivisti online vicini al governo del TPLF del Tigrai, con l’intento di accusare il governo di Gibuti di aver indirettamente partecipato all’ultima fase dell’offensiva lanciata dal governo federale di Addis Abeba soprattutto sul fronte dello stato regionale dell’Afar.