Jamhuri è la parola swahili che traduce “repubblica”, e il Jamhuri Day è il nome che designa, appunto, la Festa della Repubblica in Kenya. Si festeggia il passaggio all’assetto repubblicano, avvenuto il 12 dicembre 1964, dopo un anno e mezzo di autogoverno dalla fine del dominio coloniale britannico il 1 giungo 1963.
Domenica Uhuru Kenyatta ha presieduto il 57esimo e suo ultimo Jamhuri Day, in quanto, non potrà ricandidarsi alle elezioni presidenziali previste per agosto 2022.
I festeggiamenti sono avvenuti davanti a 11 mila persone, negli Uhuru Gardens, monumento storico che festeggia la liberazione dal dominio inglese: ‘uhuru’ in lingua swahili vuol dire ‘libertà’ (e quindi non hanno a che fare con l’attuale presidente del Kenya).
I tre principali protagonisti della politica keniana, Kenyatta, Odinga e Ruto, hanno avuto modo di parlare alla nazione. In un discorso che ha ripercorso a sommi capi la storia politica del paese, Kenyatta, ha posto l’accento sulla famosa stretta di mano tra lui e Raila Odinga, sostenendo che questa sia stata una mossa di vero progressismo per il paese. Ha anche sostenuto che il BBI verrà portato a compimento, prima o poi, e che avrà un importante impatto sul paese. Odinga, che appena due giorni prima aveva ufficializzato la sua discesa in campo per le elezioni del prossimo anno, si è speso in significative lodi per il presidente della repubblica. Il vicepresidente Ruto ha invece riproposto il suo cavallo di battaglia, l’opposizione tra hustlers, i ceti che faticano ad arrivare a fine mese, e dynasties, i membri della “casta” keniana, i soliti rappresentanti della politica del paese dall’indipendenza.
In questo Jamhuri Day sono quindi emersi quelli che saranno i probabili schieramenti della politica keniana nel futuro più prossimo.