Negli ultimi due mesi il conflitto in Etiopia, dopo aver compiuto un anno, ha vissuto momenti tragici ed epici. L’avanzata del TPLF, e il suo congiungimento con le forze dell’OLF, sembrava inarrestabile, l’assedio di Addis Abeba una questione di settimane e difatti le potenze occidentali avevano invitato i propri concittadini a lasciare il paese. La controffensiva governativa sembrava dovesse rimanere un fantasma che aleggiava sulla figura del primo ministro Abiy Ahmed come esemplificato dalla chiamata alle armi per tutti i cittadini di Addis, e invece l’attacco delle forze federali ha costretto il TPLF ad una ritirata frettolosa e ha marcato una grande vittoria.
Gli annunci proprio di Abiy Ahmed facevano presumere che la sconfitta del TPLF fosse definitiva e che l’avanzata federale, dopo il rivolgimento di fronte, non potesse essere fermata. Questa però è la seconda volta che il primo ministro dichiara la vittoria contro il TPLF mentre il conflitto, ad oggi, sembra che si sia assestato più su uno stallo.
Le informazioni che filtrano fuori dal paese, come già abbiamo fatto notare, sono però parziali e poche in virtù anche della poca libertà concessa ai giornalisti. Il 16 dicembre un altro giornalista, Amir Aman Kiyaro, un freelance associato alla Associated Press, è stato arrestato insieme ad altri due colleghi locali, Thomas Engida e Addisu Muluneh. Il direttore esecutivo della Associated Press ha affermato che le “accuse sono infondate” mentre il Comitato per la Protezione dei Giornalisti ha invocato l’immediato rilascio dei tre colleghi. La repubblica federale afferma invece che questi hanno violato la legge dello stato di emergenza e quella anti-terrorismo provando a contattare un gruppo designato come terrorista, il che fa supporre che stessero cercandodi riportare entrambi i punti di vista sul conflitto. Ancora non è chiaro chi fosse il gruppo in oggetto.
Nel mentre fanno eco le notizie sull’abuso dei diritti umani e del diritto di guerra da parte di entrambi gli schieramenti durante il conflitto, così come gli attacchi, arresti ed espulsioni etnicamente motivate contro i tigrini. Il TPLF intanto afferma che l’aviazione federale, attaccando Alamata, ha colpito numerosi civili ed in particolare dei bambini.
Se il silenzio è calato sullo svolgimento delle ostilità vi sono comunque, come evidenziato da queste ultime notizie, altri aspetti che subito ne prendono il posto nel dibattito internazionale e la situazione sembra comunque peggiorare in una spirale quasi autodistruttiva, per la credibilità delle forze in campo ma soprattutto per la popolazione etiopica. Difatti in questa situazione il silenzio che fa in realtà più rumore non è quello delle operazioni belliche ma quello sulla carestia ancora in corso.