Il 17 dicembre il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha votato per l’istituzione di una commissione di investigazione indipendente incaricata di verificare le notizie relative alle violenze nelle aree interessate dai combattimenti in Etiopia. Il provvedimento è passato con 21 voti a favore, 15 contrari (tra i quali Russia e Cina) e 11 astenuti.
La decisione è stata presa nel corso della 33a sessione speciale del Consiglio per i Diritti Umani, richiamando all’urgenza dettata dagli ultimi sviluppi nel corso del conflitto. Sono stati citati i casi delle recenti violenze commesse dalle forze del Tigrai in due villaggi dello stato regionale dell’Amhara, dove decine di civili sarebbero stati uccisi sommariamente, così come quelle perpetrate dalle forze amhara ai danni di numerosi civili tigrini, uccisi o forzatamente costretti a lasciare le loro abitazioni.
Secondo le Nazioni Unite, le indagini condotte sinora in Etiopia hanno permesso di far luce solo “sulla punta dell’iceberg” delle violenze commesse da tutte le parti in conflitto, richiedendo quindi una più rigorosa azione ispettiva per accertare le dinamiche in corso e l’effettiva natura delle violenze perpetrate ai danni della popolazione civile.
La notizia ha destato la stizzita risposta delle autorità di Addis Abeba, che hanno criticato la decisione definendola un’ingerenza negli affari interni del paese e, ancora una volta, una manovra atta a sostenere le forze ribelli del Tigrai.
L’Etiopia era riuscita inizialmente, in sede discussione del provvedimento, a ottenere il sostegno del gruppo africano dei paesi membri del Consiglio, che aveva definito il meccanismo di investigazione proposto come controproducente. All’atto del voto, tuttavia, sei paesi del gruppo africano, tra i quali Sudan e Senegal, hanno optato per l’astensione.
L’Etiopia, nell’esprimere il proprio disappunto per l’adozione del provvedimento da parte del Consiglio, ha comunicato la propria indisponibilità a collaborare. Questo atteggiamento potrebbe rendere da una parte il lavoro degli investigatori pressoché impossibile, e dall’altra esacerbare ancora di più le relazioni con l’Etiopia degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Si consolida in tal modo la narrativa del governo federale costruita intorno alla visione di un complotto internazionale contro l’Etiopia, ordito per mano degli Stati Uniti e degli europei nel sostegno di quelle che Addis Abeba considera le forze terroristiche del TPLF tigrino.