Il vice presidente e ministro della difesa del Sudan, il generale Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, si è recato in visita in Etiopia il 22 e 23 gennaio, dove ha incontrato il presidente Abiy Ahmed e il ministro della difesa Abraham Belay.
La visita di Dagalo in Etiopia rappresenta un importante elemento nel delicato rapporto bilaterale tra i due paesi, caratterizzato da tempo da tensioni di crescente portata. Lo scopo primario della visita del vice presidente del Consiglio Sovrano di Transizione del Sudan ad Addis Abeba è stato quello di discutere delle pericolose tensioni determinatesi nell’area contesa dell’al-Fashaga, dove il Sudan ha di recente voluto reimporre la propria autorità attraverso il massiccio afflusso dei propri militari.
Alla visita di Dagalo in Etiopia sono stati accordati onori e cerimonie che lasciano trasparire l’interesse del governo etiopico per l’avvio di un dialogo costruttivo con il Sudan sulle diverse questioni che hanno diviso i due paesi nel corso degli ultimi mesi, tra le quali quella relativa allo sviluppo della diga del GERD.
I vertici politici e militari dell’Etiopia sono ben consci del fatto che Dagalo rappresenti non solo la seconda carica più importante dello Stato, quanto anche quella di comandante delle Forze di Supporto Rapido (RSF), potente unità paramilitare caratterizzata da ingenti interessi politici ed economici. In tal modo, il generale Dagalo rappresenta un interlocutore di primo piano per gli interessi dell’Etiopia, che lo considera – non a torto – come uno dei principali artefici della crisi in atto tra i due paesi.
La visita di Dagalo ad Addis Abeba ha previsto un incontro con il ministro della Difesa, Abraham Belay, e poi un incontro con il primo ministro Abiy Ahmed presso la sede dello Stato Maggiore delle forze armate, alla presenza del Capo di Stato Maggiore, generale Berhanu Jula, e dell’ambasciatore sudanese in Etiopia, Jamal Al-Sheikh.
Allo stesso tempo, in Sudan continuano incessantemente le proteste e vengono segnalate nuove vittime nel corso degli scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza. Il 21 gennaio il presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, generale Abdel Fattah Al-Burhan, ha provveduto a nominare 15 ministri del nuovo governo (ad eccezione di quelli dell’Interno e della Difesa), mentre è ancora vacante la carica di primo ministro, nel tentativo delle autorità militari di individuare un sostituto del dimissionario Abdalla Hamdok. I ministri nominati dal generale Al-Burhan sono quasi tutti espressione di scelte precedentemente condotte da Abdalla Hamdok, e sono indicati come tecnici e indipendenti, in accordo anche con l’impegno assunto dal Consiglio Sovrano di Transizione con una delegazione degli Stati Uniti recatasi in visita nei giorni scorsi, che aveva chiesto alle autorità militari di rispettare il progetto originario di una selezione di ministri indipendenti.
Le Nazioni Unite, invece, continuano ad offrirsi come mediatrici tra le diverse componenti della politica sudanese, mentre diversi esponenti della magistratura sudanese hanno apertamente condannato le violenze contro i manifestanti, attraverso un comunicato di fatto senza precedenti nella storia recente del paese.
Numerosi esponenti della protesta popolare si sono raccolti il 22 gennaio dinanzi alla rappresentanza delle Nazioni Unite a Khartoum, scandendo slogan contro il ruolo dell’ONU e chiedendo al rappresentante speciale Volker Perthes di lasciare il paese. La proposta delle Nazioni Unite, per una mediazione costruita sull’accettazione da parte delle organizzazioni politiche civili di un ruolo modesto per le forze armate, ha incontrato l’opposizione delle frange più intransigenti del movimento di protesta, che non intende accettare alcuna ipotesi di compromesso con i militari e che giudica l’azione dell’ONU invasiva e inopportuna.
Il vertice dell’apparato militare, al tempo stesso, non sembra considerare alcuna ipotesi di una sua fuoriuscita dalla scena politica o una riduzione del proprio ruolo, come dimostrato dalla notizia diramata il 19 gennaio attraverso il portavoce del Consiglio Sovrano di Transizione, che ha annunciato di aver conferito al presidente Al-Burhan l’incarico di avviare i preparativi per lo svolgimento delle elezioni politiche.