Il 24 gennaio nuove proteste sono state organizzate dalle opposizioni politiche nelle principali città del Sudan, e in particolar modo a Khartoum. L’intervento delle forze di sicurezza ha purtroppo provocato una vittima e sei feriti, alimentando in tal modo la protesta e le rimostranze dei manifestanti.

Lo Unified Doctor’s Office (UDO) sudanese ha accusato lo stesso giorno le forze di sicurezza di aver arrestato nove medici nella capitale del paese, dei quali sei stranieri (tre francesi, un italiano, uno yemenita e un pachistano) e tre sudanesi. I medici arrestati, secondo le informazioni diramate dall’UDO sarebbero tutti dell’organizzazione Medici Senza Frontiere che lavoravano all’ospedale Jawda di Khartoum, e il loro arresto sarebbe da ricondursi alle cure prestate ai dimostranti feriti negli scontri. La stessa MSF ha poi confermato il rilascio dei medici la mattina successiva.

Sul piano dell’evoluzione politica è necessario segnalare come anche le forze di governo guidate dalle autorità militari abbiano assunto una posizione più rigida nei confronti dell’inviato speciale dell’ONU Volker Perthes, dimostrando come la capacità delle Nazioni Unite nella crisi sudanese sia in forte crisi tanto sul piano delle relazioni con il governo quanto su quelle con le forze di opposizione. Il 29 gennaio, infatti, il generale Mohammad Hamdan Dagalo, vice presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, ha causticamente commentato sul ruolo dell’ONU in Sudan, affermando come l’inviato speciale Perthes debba “agire da facilitatore, e non da mediatore”.

Nuove manifestazioni si sono poi svolte a Khartoum e in altre città del paese il 30 gennaio, fortunatamente senza registrare vittime o feriti, nonostante l’impiego di lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza e scontri nei pressi del palazzo presidenziale. Manifestazioni di una certa ampiezza si sono verificate anche a Port Sudan, nel Darfur e a Madani.

Le proteste, come sempre promosse dall’Associazione dei Professionisti Sudanesi e dai Comitati per la Resistenza, chiedono la fine del governo militare e l’immediata transizione in direzione di elezioni per l’instaurazione di un esecutivo civile.

Il 27 gennaio, infine, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha nominato John Godfrey alla carica di ambasciatore in Sudan, dopo 25 anni di assenza di un ambasciatore di Washington nel paese.

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