Una delegazione delle Nazioni Unite, guidata dai direttori regionali dell’ONU in Africa, si è recata in Eritrea il 24 gennaio per una missione di cinque giorni.
Il primo giorno di visita della delegazione è stato dedicato alla firma dell’accordo quinquennale di cooperazione per lo sviluppo nei settori delle infrastrutture, agricoltura, energia, industria, salute, ed educazione.
Il secondo giorno è stato invece dedicato ad una riunione con i vertici del partito di governo PFDJ, e in particolar modo con i direttori dei dipartimenti per gli affari economici, con i ministri dell’Agricoltura e della Giustizia e il Direttore Generale per l’Energia.
Il 28 gennaio la delegazione dell’ONU si è invece incontrata prima con il ministro degli Esteri Osman Saleh e poi con il consigliere presidenziale Yemane Ghebreab, discutendo di temi di ampia portata. Secondo il ministro dell’informazione eritreo Yemane Meskel, questi avrebbero incluso le opzioni di riforma dell’ONU a garanzia della sua carta istitutiva, il perdurare delle campagne mediatiche di accusa contro l’Eritrea e il più generale sviluppo delle dinamiche regionali. Il ministro Saleh avrebbe insistito sugli sforzi eritrei per contribuire alla stabilità regionale, lamentando con i delegati dell’ONU il perdurare di una campagna diffamatoria del paese.
Il successivo incontro con il consigliere del presidente Yemane Ghebreab è stato invece dedicato al ruolo dell’ONU, che, secondo l’alto esponente eritreo, sta operando “in contrasto con i suoi principi fondanti, mentre la sua struttura non è conforme alla oggettiva situazione mondiale, non servendo gli interessi di paesi in via di sviluppo come l’Eritrea, che crede nel cambiamento e lavorerà instancabilmente per la trasformazione dell’ONU”.
Mentre gli incontri tecnici della delegazione ONU con i rappresentanti dei vari dicasteri si sono sviluppati in modo costruttivo e concentrati sulla definizione di programmi di cooperazione specifica, il piano degli incontri politici ha evidenziato il tradizionale atteggiamento eritreo alla colpevolizzazione della comunità internazionale e all’approccio auto-assolutorio, limitando come sempre fortemente qualsiasi capacità di costruzione di un migliore rapporto con l’ONU e più in generale con la comunità internazionale.