Il 24 gennaio un convoglio di aiuti umanitari del World Food Program diretto in Tigrai è stato bloccato dalle forze dello stato federale dell’Afar. A darne notizia è stato il portavoce del governo dello stato regionale del Tigrai, Getachew Reda, venendo poi ripreso da numerose fonti di stampa locali e internazionali.

Il convoglio del WFP, composto secondo i vertici del TPLF da 27 mezzi carichi di derrate alimentari e medicine, sarebbe stato bloccato in territorio Afar nonostante il preventivo permesso di transito concesso dal governo federale di Addis Abeba.

La ragione del blocco, secondo fonti dell’Afar, sarebbe da ricondursi al perdurare degli scontri nell’area di Abala, dove le autorità del TPLF hanno denunciato alcuni giorni prima un attacco condotto congiuntamente dalle forze afar ed eritree.

Secondo quanto affermato dall’ONU il 28 gennaio, sarebbero ormai 9 milioni i cittadini etiopici interessati dall’emergenza alimentare determinata dal conflitto, mentre secondo il World Food Program il 40% dei cittadini del Tigrai sarebbe a rischio imminente in conseguenza della malnutrizione e della carenza di medicinali.

La situazione umanitaria è poi aggravata dal perdurare della siccità nella gran parte delle regioni settentrionali dal paese, dove le precipitazioni sono ormai assenti da mesi compromettendo i raccolti e determinando perdite ingenti anche negli allevamenti di bestiame.

Il blocco dei mezzi del WFP ha innescato una nuova crisi, e il 25 gennaio le forze tigrine del TDF hanno lanciato un’offensiva ad ampio raggio lungo il confine con lo stato regionale dell’Afar, assumendo nuovamente il controllo di ampie porzioni di territorio oltre la linea di confine.

L’azione più incisiva sembrerebbe essere stata concentrata nell’area tra Didig Sala e Abala, lungo un fronte di quasi 100 Km, dove le forze del TDF sono penetrate in profondità conquistando entrambe le cittadine e spingendosi sino ai distretti di Berhale, Erebti e Megala.

Più a nord sono stati segnalati combattimenti nel distretto di Koneba e Dallol, mentre le notizie di scontri a sud di Alamata tra le forze dell’ENDF e del TDF non hanno trovato allo stato attuale una conferma ufficiale.

I rinnovati scontri hanno determinato numerose proteste sui social media e sui mezzi di informazione dello stato regionale dell’Afar, caratterizzati da accuse al governo federale di Addis Abeba, che non avrebbe provveduto a fornire copertura aerea contro le incursioni del TDF, permettendo nuovamente la conquista di alcune aree a ridosso del confine.

Il 27 gennaio i guerriglieri oromo dell’OLA hanno comunicato di aver lanciato un attacco contro le forze dell’ENDF nell’area di Guji, nelle regioni orientali dell’Oromia, divulgando poi immagini che li ritraggono con armi catturate alle forze federali. Anche in questo caso si è rivelato difficile poter confermare la natura dell’attacco e la sua portata.

Ad Addis Abeba, invece, Il 26 gennaio il governo presieduto dal primo ministro Abiy Ahmed ha decretato la fine anticipata dello stato di emergenza, giustificando la decisione come risultato di un quadro della sicurezza nazionale ormai mutato e tornato sotto il controllo delle forze federali.

Il 29 gennaio, infine, il primo ministro Abiy Ahmed si è recato in visita di Stato negli Emirati Arabi Uniti, dove è stato accolto dal crown prince Mohammed bin Zayed, con il quale ha discusso dell’evoluzione della crisi nel Tigrai e delle principali questioni di politica regionale. Gli Emirati Arabi Uniti non hanno fatto mistero del loro sostegno al primo ministro Abiy Ahmed nella gestione del conflitto, pur all’interno di una controversa matrice di interessi regionali che ha reso decisamente fluide le alleanze e i fronti. L’apertura di Abu Dhabi all’Etiopia, infatti, viene guardata con sospetto e cautela dall’Egitto, da sempre in sintonia con gli Emirati Arabi Uniti, in conseguenza della delicata questione connessa allo sviluppo della diga del GERD.

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