Con una nota scritta in risposta ad una interrogazione parlamentare dell’On. Aiello, il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini ha annunciato il 28 gennaio la sospensione dell’accordo di cooperazione militare con l’Etiopia sottoscritto lo scorso 10 aprile 2019. Lo ha rivelato il settimanale Panorama, pubblicando il testo della risposta del Ministro della Difesa.
Le ragioni della sospensione sono chiaramente derivanti dall’evoluzione del conflitto e dal perdurare della tensione nel nord del paese, che rendono impossibile la prosecuzione degli impegni di cooperazione da parte dell’Italia
Nella risposta del ministro è anche specificato come l’Italia sostenga “convintamente la piena e immediata cessazione delle ostilità ed il ritiro delle truppe eritree dal suolo etiopico, nonché il pieno, sicuro e incondizionati accesso umanitario alle regioni più colpite dal conflitto, il rispetto del diritto internazionale umanitario, la conclusione di indagini trasparenti e indipendenti sulle gravi violazioni e abusi dei diritti umani e, non ultimo, l’avvio urgente di un processo di dialogo nazionale, effettivo e inclusivo”.
Il comunicato, in tal modo, formalizza la piena adesione dell’Italia alle posizioni della gran parte dei paesi europei e degli Stati Uniti, ufficialmente riconoscendo la presenza delle forze armate eritree sul territorio del Tigrai, così come la richiesta di un’inchiesta indipendente atta a far luce sui gravi crimini commessi nel corso del conflitto.
Oltre alla sospensione dell’accordo di cooperazione, il ministro della Difesa Guerini ha anche precisato come da tempo sia stata rifiutata anche qualsiasi richiesta di armamenti pervenuta all’Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d’Armamento (Uama), “non potendosi escludere il rischio di un possibile impiego nel contesto delle ostilità in corso”.
La risposta del ministro Guerini costituisce in tal modo uno dei primi elementi di chiarezza ufficiale in merito alla posizione italiana sul conflitto in Etiopia, ribadendo la posizione da tempo espressa dal Ministero degli Esteri in sede diplomatica e bilaterale.
Ad Addis Abeba, invece, il 4 gennaio, all’apertura dei lavori del 35° Summit dell’Unione Africana, che si è tenuto dal 4 al 6 febbraio, il primo ministro etiopico Abiy Ahmed ha ringraziato nel suo discorso le nazioni africane per aver sostenuto e protetto l’Etiopia dal rischio di dissoluzione.
Abiy Ahmed ha continuato il suo discorso sostenendo che la grave crisi che ha interessato il Tigrai è stata di natura interna al paese; una crisi che ha determinato la necessità di quella che ha definito come un’operazione di polizia.
Secondo Abiy Ahmed, inoltre, i media internazionali offrono una rappresentazione dell’Africa costruita su stereotipi negativi, che finiscono per condizionare la stessa società africana. Per questa ragione, secondo il premier etiopico, sarebbe necessario costruire all’interno dell’Unione Africana quella che ha definito come una Continental Media House, incaricata di produrre e diffondere un’informazione diversa e più veritiera sull’Africa.
Sebbene nel più assoluto riserbo, sembrano invece continuare i colloqui informali tra le autorità federali e il governo tigrino – o loro intermediari – pur in un clima di perdurante instabilità nelle regioni settentrionali del paese.
Dopo gli scontri di confine tra le milizie tigrine e quelle afar della scorsa settimana, non si sono registrate particolari evoluzioni nel corso degli ultimi giorni, e non è chiaro se le forze del TDF continuino ad occupare tutti i territori entro i quali erano intervenuti nei giorni scorsi.
Il 31 gennaio una grande manifestazione è stata organizzata a Samara, capitale dello stato regionale dell’Afar, per protestare contro quella che localmente viene denunciata come l’aggressione della scorsa settimana da parte delle forze tigrine lungo un’ampia fascia di confine.
Nel corso della protesta sono stati scanditi tuttavia numerosi slogan anche contro il governo federale di Addis Abeba, accusato di non aver difeso con la propria aviazione i confini dell’Afar e, di fatto, aver permesso al Tigrai di condurre indisturbato l’attacco.
Il 29 dicembre scorso, infine, il parlamento ha approvato l’istituzione della Commissione per il Dialogo Nazionale, che sarà guidata da esperti selezionati pubblicamente, e una rosa di 42 nomi è stata pubblicata ai primi di febbraio sul sito del Parlamento. Alcune formazioni politiche hanno fatto sapere di non essere interessate a partecipare ai lavori della commissione, ritenendola non imparziale e non rappresentativa. Tra queste forze, in particolar modo, l’Oromo Federalist Congress, l’Oromo Liberation Front e l’Ogaden National Liberation Front.
Il presidente della Camera dei Rappresentanti del Popolo, Tagesse Chafo, dopo aver convocato per lo scorso 4 febbraio i rappresentanti delle principali forze politiche chiamate a comporre la Commissione per il Dialogo Nazionale, ha dovuto riscontrare l’astensione di alcuni gruppi politici che lamentano la scarsa imparzialità della Commissione stessa, essendo questa supervisionata dal Parlamento composto a maggioranza da deputati del Partito della Prosperità.