Secondo quanto riferito dallo Europe External Program with Africa (EEPA), il 10 febbraio il presidente etiopico Abiy Ahmed si sarebbe recato in Eritrea per una rapida visita ad Isaias Afwerki. La notizia del viaggio non sarebbe stata divulgata, sebbene diverse fonti ne avrebbero confermato l’effettivo svolgimento, pur nella consueta difficoltà di verifica dell’attendibilità e della veridicità.
Si è conclusa invece il 9 febbraio la visita in Etiopia del vice-Segretario Generale delle Nazioni Unite, Amina Mohammed, iniziata il 5 febbraio con la presenza al 35° summit dell’Unione Africana e continuata poi con la visita negli stati regionali dell’Amhara, dell’Afar e del Tigrai, dove ha incontrato anche il presidente Debretsion Gebremichael.
All’atto della partenza da Addis Abeba, il vice-Segretario Generale ha tenuto una conferenza stampa nell’ambito della quale ha affermato di aver incoraggiato il governo federale a “tenere colloqui di pace con tutti gli attori della crisi nazionale, per far cessare le atrocità tuttora in corso”.
Nel corso dell’ultima settimana non sono state segnalate significative attività militari nello stato regionale del Tigrai e dell’Afar, sebbene persistano incertezze in merito all’effettiva posizione delle forze del TDF lungo i confini orientali con l’Afar, dopo le intense operazioni militari delle scorse settimane.
Più instabile, al contrario, sarebbe la situazione nello stato regionale dell’Oromia, dove l’8 febbraio l’OLA avrebbe sferrato un nuovo attacco contro la città di Gidami, nell’Oromia occidentale, a circa 50 Km dal confine con il Sud Sudan, precedentemente sotto il proprio controllo e recentemente riconquistata dalle forze dell’esercito federale. Secondo fonti locali, come sempre di difficile verifica, l’attacco sferrato dall’OLA avrebbe provocato centinaia di vittime tra la popolazione civile.
Secondo fonti etiopiche, l’attacco perpetrato la scorsa settimana dalle milizie oromo dell’OLA nell’area di Guji avrebbe avuto come obiettivo il presidente dello stato federale dell’Oromia e la sua scorta, mentre erano in transito nelle vicinanze di Bule Hora. L’attacco avrebbe provocato la morte di 3 soldati della scorta del presidente Shimalis Abdissa, e il ferimento di altri 8, mentre il presidente sarebbe rimasto illeso.
Notizie di uno scisma all’interno della chiesa ortodossa etiopica sono invece giunte lo scorso 7 febbraio, quando i vertici del clero ortodosso della chiesa Tewahdo del Tigrai hanno comunicato l’intenzione di costituire una chiesa ortodossa indipendente tigrina.
Alla base della decisione il profondo dissenso con i vertici del clero della chiesa ortodossa d’Etiopia, i cui vertici hanno approvato e sostenuto il conflitto in Tigrai.
L’annuncio del clero tigrino ha alimentato un intenso dibattito in seno alla chiesa ortodossa dell’Etiopia, dove voci contraddittorie si sono susseguite in merito all’effettiva portata dello scisma. In un primo momento era circolata voce della volontà di mantenere un unico Sinodo, mentre successive dichiarazioni avrebbero definitivamente confermato la volontà di operare una profonda e completa separazione.
Desta preoccupazione, invece, la crisi economica in Etiopia e la prospettiva di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti.
Mentre l’inflazione ha fatto registrare un modesto miglioramento, facendo registrare il valore del 34,5% nel mese di gennaio del 2022 (rispetto al 35,1% del mese di gennaio dell’anno precedente), un rapporto della Standard Bank Group ha lanciato l’allarme sui valori dell’indebitamento di cinque paesi africani, tra i quali l’Etiopia.
Secondo il direttore delle ricerche dell’istituto bancario pan-africano, Jibran Qureishi, Ghana, Kenya, Angola Zambia ed Etiopia rappresentano oggi i paesi più ad alto rischio sotto il profilo della capacità di ripagare il proprio debito estero, venendo considerati dai principali operatori finanziari internazionali e dalle agenzie di rating come incapaci di “ristabilire la fiducia degli investitori”.
A determinare preoccupazione sul fronte dell’andamento dell’economia contribuisce anche la pressione delle sanzioni americane. L’8 febbraio la proposta di legge bipartisan sulla stabilizzazione, la pace e la democrazia in Etiopia è stata votata favorevolmente dalla commissione per gli affari esteri della Camera, con la richiesta al governo degli Stati Uniti di imporre nuove sanzioni contro chiunque sia ritenuto responsabile di ostacolare gli sforzi per il raggiungimento di una tregua nel paese. Un disegno di legge di pari portata è all’esame anche del Senato.
Se la proposta di legge dovesse essere approvata, questa comporterebbe l’adozione di misure sanzionatorie sui programmi di aiuto degli Stati Uniti all’Etiopia, l’irrogazione di sanzioni individuali e l’impegno specifico del governo per opporsi ai prestiti finanziari delle agenzie internazionali a favore dell’Etiopia, in particolar modo quelli della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.