Il 15 febbraio il parlamento dell’Etiopia ha votato favorevolmente per la revoca anticipata dello stato d’emergenza di sei mesi, decretato lo scorso 12 novembre.

La decisione è stata assunta in seguito alla positiva valutazione dello stato generale della sicurezza nel paese, dopo che la tregua di fatto sul fronte del Tigrai sembra aver ridotto drasticamente gli scontri tanto lungo i confini con l’Oromia quanto quelli con lo stato regionale dell’Amhara. Gli scontri sembrano al contrario essere ancora relativamente intensi lungo i confini tra il Tigrai e l’Afar, dove da alcune settimane vengono denunciate incursioni da parte delle forze militari tigrine del TDF con l’obiettivo di impedire il blocco degli aiuti umanitari in direzione della capitale, Macallè.

Il perdurare della conflittualità nello stato regionale dell’Afar è oggetto di singolare silenzio tanto da parte del governo federale di Addis Abeba quanto della comunità internazionale, sebbene numerose testimonianze locali ne documentino l’intensità e la portata.

Numerose forze politiche dell’Afar accusano il governo federale di non aver fornito alcuna assistenza militare alle forze armate locali, permettendo in tal modo a quelle del Tigrai di agire in modo indiscriminato con l’impiego dei corazzati e delle artiglierie pesanti. Anche l’ONU conferma il perdurare delle ostilità, aggiungendo come l’unico canale umanitario di accesso al Tigrai, quello che transita attraverso la capitale dell’Afar, Semera, sia attualmente chiuso in conseguenza dei combattimenti in corso.

Il governo del Tigrai, invece, ha giustificato il proprio intervento oltre i confini dello stato regionale dell’Afar sostenendo di aver reagito ai ripetuti attacchi subiti nel corso delle ultime settimane, e al tentativo delle controparti di impedire il transito di aiuto umanitari delle organizzazioni internazionali in direzione di Macallè. Il governo del TPLF ha anche aggiunto di non avere piani di permanenza nella regione, sebbene allo stato attuale risulti estremamente difficile valutare le reali variabili di evoluzione del conflitto.

Amnesty International ha invece diffuso un rapporto il 16 febbraio, nel quale accusa esplicitamente le forze del TPLF di aver commesso atrocità nel corso degli scontri nella regione dell’Amhara. Secondo quanto denunciato dall’organizzazione umanitaria internazionale, tra lo scorso mese di agosto e quello di settembre le forze tigrine avrebbero deliberatamente ucciso dozzine di civili, perpetrato stupri – anche nei confronti di ragazze giovanissime – e condotto sistematiche campagne di saccheggio nei villaggi e nelle città.

Particolarmente efferate sarebbero state le violenze commesse nelle cittadine di Kobo e Chenna, dove civili inermi sarebbero stati giustiziati sommariamente dalle unità del TDF, come vendetta per le perdite subite nel corso dei combattimenti che portarono alla conquista della città nel precedente mese di luglio.

Le forze del TPLF non hanno replicato alle accuse di Amnesty International né fornito indicazioni alle ripetute richieste dell’organizzazione umanitaria internazionale, che ha raccolto nel corso delle ultime settimane numerose testimonianze in loco, grazie alle quali è stato possibile anche individuare alcune fosse comuni utilizzate per la sepoltura sommaria delle vittime.

Il 17 febbraio, infine, il portavoce del ministero degli Esteri etiopico, Dina Mufti, ha annunciato che il governo non intende rimuovere il partito di governo del tigrai, il TPLF, dalla lista governativa delle organizzazioni terroristiche.

Secondo quanto affermato dal portavoce, si sarebbero intensificate le richieste nazionali e internazionali per la rimozione del TPLF dalla lista delle organizzazioni terroristiche, per favorire il processo di dialogo nazionale e accelerare la possibilità di una duratura tregua. Il governo, tuttavia, non intende trasformare il processo di dialogo in un negoziato con il Tigrai e, quindi, non ha alcuna intenzione di rimuovere il partito di governo a Macallè dalla lista delle organizzazioni terroristiche.

L’intervento del portavoce Dina Mufti ha in tal modo confermato le posizioni espresse dal Partito della Prosperità il 16 febbraio, quando con un comunicato è stata smentita la possibilità di una derubricazione del TPLF dalle liste del terrorismo e, soprattutto, sono state smentite le affermazioni dell’inviato speciale dell’Unione Europea, Annette Weber, che il 12 febbraio aveva parlato nel corso di un’intervista della possibilità di un “delisting” del TPLF e di un’accelerazione del processo di dialogo nazionale.

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