Se già la situazione pandemica aveva aggravato la condizione economica del paese africano, portando ad esempio non pochi intoppi alle varie supply chains sulle quali viaggiano molti prodotti importati e esportati dal Kenya. Di particolare rilevanza, il prezzo dell’olio da cucina era quasi raddoppiato per problemi alla catena di fornitura dell’olio di palma a livello globale.

Adesso, il conflitto scoppiato mercoledì in est Europa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, potrebbe aggravare ulteriormente la situazione economica del paese.

Il prezzo del greggio è schizzato a 100$ al barile, il valore più alto che ha toccato dal 2014, quando l’inflazione del petrolio era aumentata vertiginosamente proprio per lo scoppio del precedente conflitto nella regione ucraina del Donbas. Questo sensibile aumento di prezzo, ha detto Gichinga, direttore economico di Mentoria Economics, una società di consulenza in analisi aziendale, avrà pesanti ripercussioni sull’inflazione dei prezzi di beni di prima necessità.

A poter influenzare i prezzi dei beni di prima necessità, anche qui risultando in un aumento, gli esperti dicono sarà la carenza di importazioni ed esportazioni, conseguente al conflitto. Il Kenya infatti detiene importanti relazioni commerciali con entrambi i paesi. In particolar modo, con l’Ucraina con cui quest’anno si stimava un commercio del valore di 250 milioni di dollari, un aumento di 92 milioni rispetto allo scorso anno, come comunicato dall’ambasciatore ucraino in Kenya, Andrii Pravednyk.

Con entrambi i paesi invece è forte l’export di tè, fiori e frutta che vale miliardi di scellini keniani ogni anno. Nel 2020, gli agricoltori kenioti hanno esportato nei due paesi tè per un valore di 5,2 miliardi di scellini, fiori per 2,6 miliardi e più di 900 milioni di frutta come avocado, ananas, fichi e datteri. Molte famiglie di agricoltori si sostentano con questo commercio.

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