Ha generato sgomento, in Etiopia, la diffusione il 12 marzo di un video in cui alcuni uomini armati danno alle fiamme almeno tre civili vivi, con ogni probabilità nella provincia di Guba, nella regione del Benishangul-Gumuz. Il video riprende, tra la folla, numerosi individui che vestono l’uniforme federale dell’esercito e quella regionale amhara, determinando un forte imbarazzo per il governo di Addis Abeba.
Il governo federale non ha fornito dettagli circa la data precisa dell’episodio e l’eventuale identificazione delle vittime e dei criminali, mentre al contrario il governo del Tigrai sostiene che le vittime siano di etnia tigrina e i loro carnefici parte delle milizie Amhara. La notizia, tuttavia, non ha ancora trovato riscontri ufficiali e giunge a pochi giorni distanza dalle reciproche accuse lanciate dal governo federale contro il TPLF tigrino, accusato da Addis Abeba di continuare a colpire le città dell’Amhara con le artiglierie e condurre violenze contro le popolazioni civili delle aree sottoposte al proprio controllo.
L’incremento delle violenze etniche rappresenta una gravissima minaccia per la stabilità del paese, e il primo ministro Abiy Ahmed ha voluto sfruttare l’organizzazione del primo congresso del Partito della Prosperità come occasione per promuovere anche il processo di riconciliazione nazionale.
Il congresso è stato inaugurato l’11 marzo ad Addis Abeba con il titolo di “Dalle sfide alla crescita”, riunendo per tre giorni i delegati del partito e le delegazioni regionali, con l’intento di discutere dei principali problemi del paese.
La questione della sicurezza è stata chiaramente predominante nell’ambito dei lavori del partito, sebbene anche la lotta alla corruzione abbia rappresentato un elemento centrale del dibattito, nel tentativo di attribuire alla formazione politica il ruolo e il merito di aver avviato una concreta campagna per debellare il diffuso sistema della corruzione soprattutto in seno all’amministrazione pubblica.
Il primo congresso del Partito della Prosperità è servito anche a legittimare il ruolo del primo ministro Abiy Ahmed alla guida dello stesso, dopo una prima fase costituente in cui il suo ruolo di fondatore aveva determinato una guida de facto in attesa di ratifica. Il congresso ha anche eletto il vice-primo ministro Demeke Mekonnen e il direttore del partito Adnan Farah come vice-presidenti.
Altro tema di particolare rilevanza trattato nell’ambito del congresso è stato quello relativo all’economia e alle strategie per la ripresa intraprese dal governo nel più recente passato. È stata oggetto di interesse, in particolar modo, l’annuncio di una imminente riforma del commercio decisa dal ministro delle Finanze, Eyob Tekalign, che prevede l’ingresso delle società straniere nel mercato locale.
La decisione è stata presa in conseguenza del costante incremento del tasso d’inflazione, per combattere il quale il governo intende adottare una pluralità di misure, incluse quelle monetarie.
È emerso con chiarezza nel corso dei lavori del congresso, tuttavia, come la condizione essenziale per la ripresa economica dell’Etiopia sia strettamente correlata al termine del conflitto in Tigrai, che ha drenato enormi quantità di denaro e determinato danni di incalcolabile valore per l’economia pubblica.
La stabilità nel nord del paese, nonostante una significativa diminuzione dell’intensità dei combattimenti, presenta però numerose incognite sul piano politico. Il primo ministro Abiy Ahmed continua a sostenere pubblicamente come un processo di riconciliazione nazionale non sia possibile con il partito di governo del Tigray TPLF, ufficialmente ancora riconosciuto come organizzazione terroristica dal governo federale. Al tempo stesso, tuttavia, si susseguono con incessante frequenza le voci di un dialogo a porte chiuse tra il governo e il Tigrai, volto a determinare i parametri per un effettivo e duraturo cessate il fuoco e per l’identificazione di una road map capace di offrire un reale processo di pace e l’avvio di un dialogo diretto tra le parti.
Opzioni di non facile gestione per il primo ministro, incalzato tanto dagli Amhara quanto dagli Afar per un maggiore coinvolgimento nella lotta contro il TPLF, mentre continua l’occupazione tigrina di una parte del territorio afar, quella amhara di buona parte del Tigrai occidentale e quella eritrea del confine settentrionale del Tigrai, in un mosaico di crisi che difficilmente potrà vedere una soluzione senza l’azione di una mediazione esterna.