Dopo aver rimandato per tre anni, il governo etiopico ha lanciato il Dialogo Nazionale poco più di un mese fa. Oggi emergono i dubbi delle principali organizzazioni d’opposizione ma, probabilmente, la domanda più scottante è un’altra: il Partito della Prosperità (PP) del premier è sincero nel voler costruire un dialogo aperto e inclusivo oppure questa decisione deriva dalla necessità di prendere tempo per consolidare il proprio potere? E da ciò discende un’altra domanda, che è un classico sulla costruzione dello stato in Etiopia: siamo di fronte all’ennesimo progetto di nazionalismo etiopico che centralizzerà il potere e lascerà la periferia a sé stessa?

Un Dialogo Nazionale che sia costruttivo è una necessità in Etiopia e questo dovrebbe comprendere i membri dell’opposizione, il governo, la società civile ed organismi internazionali di modo da essere neutrale. Tuttavia la Commissione per il Dialogo Nazionale è stata costruita dal Consiglio dei Ministri, parte dell’esecutivo, e dal Parlamento, anch’esso dominato completamente dal PP.

Di questo si è lamentato lo scorso 14 febbraio il Consiglio Congiunto dei Partiti Politici Etiopici, successivamente poi l’OLF, tramite il suo portavoce Lammi Gammachu, ha affermato che “non sa cosa sia questo Dialogo Nazionale” e che comunque al Fronte di Liberazione dell’Oromia non è arrivato nessun invito. Il Fronte di Liberazione dell’Ogaden (ONLF) si è espresso, tramite il suo leader Abdirahman Mahdi, così in merito: “Quello che vediamo è un affare di un partito unico che non è rappresentativo… Perciò, la speranza di partire con un dialogo genuino che possa trovare una soluzione fattibile a tutte le ingiustizie e al pantano politico etiopico è messo a repentaglio”. Inoltre, il TPLF difficilmente sarà invitato a partecipare data la situazione, il che esclude completamente un’intera regione delle 9 che compongono la repubblica federale etiopica.

Allo stesso tempo l’esclusione dell’OLF rischia di escludere una grande parte della popolazione oromo, l’etnia più numerosa del paese che occupa la regione più estesa e maggiormente produttiva. Inoltre gli scontri con l’OLA, il braccio armato dell’OLF, e il governo hanno lasciato numerosi territori in mano al Fronte di Liberazione Oromo rafforzando ulteriormente la posizione dell’OLF.

Come evidenziato da Buli Edjeta, giornalista etiopico, escludere i maggiori partiti di opposizione, con alcuni dei loro leader in manette, mentre il paese è in guerra su vari fronti non è un inizio costruttivo per un Dialogo Nazionale. Ad oggi non sappiamo se questo avverrà o meno, ma è lecito chiedersi: Abiy sta cercando di guadagnare tempo o è pronto a confrontarsi sinceramente con le altre forze che minano la sua autorità nel paese? Il tempo per cambiare la direzione che finora ha preso il Dialogo Nazionale c’è e il paese avrebbe decisamente bisogno di pace e di costruire una piattaforma unita e condivisa da tutti gli attori politici per scongiurare i vari conflitti, le carestie e i problemi economici che la popolazione sta vivendo – anche a causa delle sanzioni – vedremo cosa farà Abiy.

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