L’emirato del Qatar ha chiuso 12 agenzie, la maggior parte con sede a Mombasa in Kenya, per le condizioni di lavoro a cui sottoponevano gli impiegati.

Questa misura è stata annunciata durante un colloquio tra il presidente del COTU, uno dei principali sindacati keniani che conta oltre il milione e mezzo di iscritti, Francis Atwoli e il ministro del lavoro qatariota Ali bin Samikh Al Marri, in cui i due hanno parlato delle condizioni di lavoro degli abitanti del Kenya nell’emirato.

Oltre al fatto specifico, è stata portata all’appello delle istituzioni del Qatar, la richiesta di un maggior controllo sulla sicurezza e sulle condizioni di lavoro degli emigranti keniani nel paese. In risposta il Qatar ha istituito delle squadre con il compito di ispezionare le condizioni di lavoro nel paese.

Già da tempo i lavoratori keniani protestano per la paga misera che ricevono nel paese, abusi fisici e psicologici, e il sequestro di documenti. Nel 2018, una serie di lavoratori kenioti era rimasta bloccata in Qatar, non potendo comprare biglietti aerei o espatriare in quanto privi del documento d’identità, detenuto dalle agenzie di collocamento.

Il Qatar non è l’unico paese dove si sono registrati casi di scarse condizioni lavorative di kenioti, il fenomeno sembrerebbe essere molto diffuso in tutta la penisola arabica. In particolare in Arabia Saudita, nel biennio 2019-2020 avrebbero perso la vita almeno 89 lavoratori kenioti, ma il numero potrebbe essere più alto. Un fatto curioso è che la principale causa di morte dei kenioti che lavoravano nella penisola arabica sia, secondo quanto riportato dalle autorità di quei paesi, l’arresto cardiaco.

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