Getachew Reda, portavoce del TPLF, con un articolo su The Africa Report questo 15 marzo esprime la posizione del TPLF sulla guerra in Ucraina e legge gli eventi in Tigrai sotto questa lente, offrendo un interessante spunto di dibattito.

L’argomentazione di Reda parte dall’analisi del voto di Eritrea ed Etiopia sulla risoluzione che condanna la Russia per l’aggressione all’Ucraina, passato per 141 voti e in cui l’Eritrea è stata contraria (insieme ad altre quattro nazioni) mentre l’Etiopia si è astenuta non partecipando direttamente alla seduta.

Il portavoce del TPLF prosegue poi evidenziando come la traiettoria storica dell’Eritrea sotto Isaias Afewerki abbia portato il paese ad essere un pariah della comunità internazionale per la maggior parte della sua esistenza, con due brevi interludi, dopo l’indipendenza dall’Etiopia e dopo la firma della pace con Abiy. Egli continua poi evidenziando alcune caratteristiche del regime autocratico: la spietata dittatura, la predilezione per una politica di aggressione nella regione sia militarmente che diplomaticamente e condannandolo infine per i, supposti, crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Tigrai nel recente conflitto.

Allo stesso tempo si critica Abiy per la sua posizione poco chiara: il primo ministro etiopico ha infatti chiamato i due belligeranti alla moderazione, evidenziando le virtù della pace ed i costi della guerra. Getachew Reda poi continua affermando che “è ironico che l’uomo che ha da solo portato l’Etiopia sull’orlo di un catastrofico disfacimento”, insieme ai suoi alleati, faccia invece un appello alla moderazione riguardo all’Ucraina. Difatti, come evidenzia addirittura Reda, la scelta di Abiy è stata dettata da due considerazioni di realpolitik: non può inimicarsi Putin, che è uno dei suoi protettori, e non può rischiare un conflitto con l’Occidente.

Tuttavia, queste considerazioni da parte del portavoce del TPLF non sorprendono, sono più da considerarsi propaganda, dato il conflitto, che altro. Il TPLF comunque condanna l’azione russa in Ucraina senza se e senza ma, in quanto questa viola due dei principi organizzativi di base del sistema internazionale: la sovranità statale e, l’articolo 2 paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite in cui si proibisce l’uso della forza nelle relazioni internazionali a meno che non sia per legittima difesa, a cui l’articolo 51 fa eco ribadendo il diritto naturale alla legittima difesa individuale o collettiva. Getachew Reda prosegue definendo poi i due leader “gli architetti capi della guerra genocida in Tigrai”, i quali hanno violato i principi fondamentali del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e creando un precedente che potrebbe minare l’architettura internazionale della global governance, se infatti “i tiranni sono autorizzati a violare le regole fondamentali dell’ordine internazionale, il sistema inizia a sgretolarsi alle fondamenta”.

La Russia, a seguito di quest’erosione, sta cercando di privare dell’Ucraina della propria sovranità “semplicemente perché questa ha deciso di prendere un sentiero differente da quello che la Russia ha scelto per lei”. L’avallamento di questo conflitto, che potrebbe minare le basi della pace dell’ordine post guerra fredda, da parte di Abiy e Isaias, così come i – presunti – crimini commessi nel conflitto in Tigrai, secondo Reda, dovrebbero farli considerare due leader autoritari tanto quanto Putin e che meriterebbero lo stesso trattamento.

Al di là delle posizioni forti di condanna di Eritrea ed Etiopia quello che ci pare interessante sottolineare è la differenza di trattamento che hanno avuto il conflitto in Ucraina e quello in Tigrai: in uno la comunità internazionale si è mossa rapidamente e con decisione, nell’altro – che è stato il conflitto più brutale a livello mondiale nel 2021 – è ancora timida. Ovviamente bisogna sottolineare che il Tigrai a differenza dell’Ucraina non è uno stato sovrano, anche se essendo la Repubblica d’Etiopia uno stato federale ha la sua autonomia. Ad ogni modo Abiy Ahmed non ha risposto, come di consueto, per non parlare di Afewerki, alle accuse tigrine ma tuttavia la domanda si pone: a distanza di anni da questi eventi, sarà questa o un’altra la lettura degli eventi in corso?

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