A pochi giorni dalla dichiarazione ufficiale di una tregua da parte del governo federale dell’Etiopia, ufficialmente sancita per permettere l’afflusso degli aiuti umanitari in direzione del Tigrai, fonti locali hanno segnalato l’afflusso di numerosi soldati dell’esercito federale in prossimità del confine tra lo stato regionale dell’Amhara a quello del Tigrai.
Oltre 30 autobus avrebbero trasportato il 28 marzo diverse centinaia di soldati nella città di Kobo, ufficialmente per effettuare una rotazione del personale in servizio lungo la linea di confine e per facilitare l’attivazione dei corridoi umanitari in direzione del Tigrai.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità tigrine del TPLF, a dispetto della dichiarazione ufficiale della tregua da parte del governo di Addis Abeba nessun reale mutamento avrebbe interessato la linea di confine, dove i due eserciti continuano a mantenere le proprie posizioni e dove nessun corridoio umanitario sarebbe stato effettivamente aperto.
Il timore, sul fronte tigrino, è che l’afflusso di truppe dell’ENDF possa essere strumentale al lancio di nuove operazioni militari, o per impedire concretamente la possibilità di aprire i corrodi umanitari promessi con l’annuncio ufficiale del cessate il fuoco dello scorso 24 marzo.
Secca la smentita del governo federale, che ha comunicato di aver autorizzato numerosi voli umanitari in direzione del Tigrai, così come l’apertura di un corridoio nella regione dell’Afar, lunga la strada di Abala, che è stata tuttavia chiusa secondo Addis Abeba per iniziativa delle forze militari del Tigrai.
Le Nazioni Unite hanno confermato infine il 2 aprile che un primo convoglio di aiuti umanitari è arrivato nella città di Erebti, nel territorio dello stato regionale dell’Afar controllato dalle forze tigrine, e che a breve dovrebbe riuscire a continuare transitando in Tigrai portando 500 tonnellate metriche di aiuti inviati dal World Food Program. Il convoglio è diretto nella capitale Macallè, mentre un secondo carico di 1000 tonnellate metriche è atteso in transito nella stessa area nel corso dei prossimi giorni.
Le tensioni interne alla federazione etiopica non sono tuttavia limitate al solo confine con il Tigrai. Il 29 marzo 26 persone sono state uccise e 15 ferite nello stato regionale dell’Oromia, in conseguenza dell’agguato ad un mezzo che trasportava alcuni reparti delle locali milizie.
Contrastanti, tuttavia, le versioni fornite dalle autorità dei due stati regionali. Secondo fonti dell’Oromia l’agguato sarebbe stato condotto presso il villaggio di Korke, per iniziativa di miliziani provenienti dallo stato regionale dell’Amhara, mentre al contrario secondo la versione fornita dalle autorità di Bahir Dar l’episodio sarebbe da ricondurre ai ripetuti scontri in corso tra le forze del Minjar Shenroka, nell’area del Nord Shewa, e quelle delle milizie del Fentelleworda, nell’Est Shewa.
Ha destato scalpore, infine, la richiesta formulata il 24 marzo dal governatore dello stato regionale dell’Amhara – Yilkal Kefale – all’ambasciatore russo in Etiopia, Evgenj Terekhin, affinché Mosca aiuti l’amministrazione regionale nel processo di ricostruzione post-bellica. L’ambasciatore russo si è detto disponibile a favorire una prima immediata azione a favore della ricostruzione degli istituti scolastici, lasciando intendere come una più ampia forma di collaborazione possa essere poi ulteriormente sostenuta dalla Russia nella regione.