Non accennano a diminuire le tensioni tra il governo del Sudan e l’inviato delle Nazioni Unite Volker Perthes, dopo che il presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, generale Abdel Fattah Al-Burhan, ha minacciato la sua espulsione dal paese lo scorso 1° aprile.
Secondo il generale Al-Burhan, infatti, il capo della Missione Integrata di Assistenza alla Transizione delle Nazioni Unite in Sudan (UNITAMS) avrebbe “oltrepassato il mandato della propria missione”, ingerendo apertamente negli affari interni della politica sudanese.
La minaccia di espulsione del diplomatico è stata formulata dal presidente del Consiglio Sovrano di Transizione in occasione di un incontro con i cadetti del collegio militare Wadi Sayidna di Omdurman, nell’ambito del quale il generale Al-Burhan ha fortemente criticato le parole di Volker Perthes della scorsa settimana in merito all’aggravarsi della crisi sudanese. Il presidente ha anche ribadito come l’Unione Africana dovrebbe lavorare per favorire il dialogo nazionale impedendo alle Nazioni Unite di assumere posizioni estranee al proprio mandato.
L’impasse politica del Sudan continua ad essere caratterizzata dalle proteste organizzate dell’opposizione al governo militare, che chiedono il trasferimento dei poteri ad un governo transitorio e guida civile e l’assorbimento nell’ambito delle forze armate delle milizie, tra le quali in particolar modo le Forze di Supporto Rapido guidate dal generale Dagalo.
Sul tema è tornato ancora una volta il 2 aprile il presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, generale Al-Burhan, affermando che i militari trasferiranno il potere solo ad un governo civile eletto regolarmente, “continuando a servire gli interessi del paese”.
La grave crisi politica sudanese è ulteriormente aggravata dal conflitto in Ucraina e dall’ambiguo rapporto del Sudan con la Russia. Mentre il generale Dagalo è un palese sostenitore del rapporto con Mosca, infatti, il generale Al-Burhan ne comprende i rischi e ha sempre cercato di perseguire un approccio improntato al pragmatismo, soprattutto nell’ottica di non alterare il rapporto con gli Stati Uniti e, conseguentemente, alimentare il rischio di un definitivo congelamento dei fondi promessi al paese dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.
I rapporti tra il generale Al-Burhan e il generale Dagalo sono ritenuti dagli osservatori come sempre più critici, e caratterizzati dall’evidente impossibilità per il primo di esercitare la propria autorità sul secondo, con il risultato di non disporre dei necessari strumenti per favorire l’integrazione delle milizie delle Forze di Supporto Rapido all’interno delle forze armate sudanesi.
Questo incerto rapporto di forze ha permesso al generale Dagalo di avviare una propria iniziativa individuale nei confronti della Russia, che, sebbene osteggiata in linea di principio dal generale Al-Burhan, non può al tempo stesso essere osteggiata concretamente in virtù del suo potenziale economico e alimentare (le derrate di grano provenienti dalla Russia rappresentavano infatti l’80% del fabbisogno locale).
Non meno impellenti i problemi della sicurezza nella regione del Darfur, dove il 1° aprile il generale Mohammad Hamdan Dagalo ha autorizzato l’uso della forza per contrastare le violenze tribali che nel corso dell’ultima settimana hanno provocato circa 45 morti e centinaia di feriti.
Secondo notizie divulgate dalla stampa israeliana, infine, una delegazione militare di Tel Aviv si sarebbe recata segretamente in Sudan nel corso dell’ultima settimana di marzo, sebbene non siano stati forniti dettagli di alcun genere in merito alla natura degli incontri e alle persone coinvolte.