Numerosi organi di stampa occidentali hanno riportato il 29 marzo la notizia dell’attracco al porto di Gibuti di una nave militare cinese, l’unità di rifornimento Luomahu, della classe Tipo 903A, sottolineando come questa prima visita di una unità cinese rappresenti un ulteriore progresso nella cooperazione tra Gibuti e Pechino.
La notizia è stata commentata con preoccupazione dagli Stati Uniti, che la interpretano come una conferma della rinnovata volontà della Cina di espandere il proprio raggio d’azione nell’Oceano Indiano, nell’ambito di un rapporto con Gibuti che non i pochi a Washington definiscono come ambiguo.
La marina militare cinese, che non aveva dato notizia preventiva dell’attracco della nave, ha invece nel corso dell’ultima settimana fornito alcuni dettagli in relazione alla visita della propria unità presso la base militare cinese di Gibuti, definendola come parte di una normale attività operativa a supporto delle unità militari cinesi nell’area.
La Luomahu, che è parte del 40° Gruppo Navale cinese, sarebbe impegnata in una missione di scorta nel Golfo di Aden e nelle acque al largo della Somalia, e avrebbe lasciato il proprio porto di armamento in Cina lo scorso 15 gennaio. La missione del 40° Gruppo Navale sarebbe invece incentrata sull’addestramento delle forze speciali cinesi nelle missioni anti-pirateria e anti-terrorismo, attraverso una serie di esercitazioni programmate in diverse aree del Golfo di Aden.
Gli organi di stampa della marina cinese hanno contestato i toni della stampa occidentale relativi alla presenza della propria unità navale a Gibuti, costruiti sulla versione di una “minaccia cinese”, definendo la presenza del proprio gruppo navale una normale attività addestrativa, non diversa da quella svolta dalle unità militari di numerosi altri paesi occidentali.