Dopo la tregua siglata fra le forze governative e quelle tigrine la situazione del conflitto in Tigrai pare essersi stabilizzata. Le forze del TPLF hanno occupato l’area est della regione di Afar, per proteggere la capitale Macallè ma allo stesso tempo per garantire un corridoio di sicurezza agli aiuti umanitari. Il governo federale intanto rivendica, grazie all’entrata di 74 camion di aiuti umanitari, il proprio ruolo e impegno nel fornire gli aiuti necessari al popolo tigrino, rivendicando allo stesso tempo i 1025 camion che non hanno fatto ritorno dal Tigrai, chiedendo il ritiro delle forze tigrine da Afar e Amhara per fornire tutto l’aiuto necessario.
Tuttavia la situazione più che stabilizzarsi sta peggiorando in tutto il paese. I camion che sono entrati in Tigrai rappresentano solamente il 4% degli aiuti umanitari necessari, già il 22 aprile 240 pazienti hanno abbandonato un ospedale tigrino in quanto le scorte alimentari sono finite: un infermiere ha riportato le parole delle famiglie “pregate per noi, invece di morire qua andiamo a casa a morire”. Al momento il 90% della popolazione tigrina è in necessità di aiuti alimentari, una percentuale che continua ad aumentare mentre non sembra che gli aiuti umanitari possano soddisfare le necessità della regione.
Il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che il mondo non dà la stessa attenzione alle emergenze che riguardano i bianchi e i neri. Tedros, di origine tigrina, ha sottolineato quanto sia importante aiutare l’Ucraina perché ha conseguenze su tutto il mondo – nell’aumento dei prezzi per cibo e carburanti in primis – tuttavia sottolinea come le varie crisi nel mondo, Yemen, Siria, Afghanistan e Tigrai abbiano ricevuto tutt’altra attenzione. Il capo dell’OMS sottolinea che “devo essere netto e onesto: il mondo non sta trattando la razza umana alla stessa maniera. Alcuni sono più uguali di altri.” Al di là della situazione umanitaria ma in relazione al commento di Tedros molti commentatori stanno affiancando le accuse di genocidio in Ucraina fatte dagli USA, dopo soli 50 giorni di conflitto, alla situazione in Tigrai dove s’inizia a parlare di crimini di guerra solo adesso dopo più di 600 giorni.
Nel mentre in Etiopia continuano gli scontri fra le forze dell’OLA e quelle governative nell’Amhara, nei distretti di Hidhaby Abote e Gindabarat, in cui l’organizzazione per l’indipendenza oromo afferma che un’offensiva governativa è in corso e che i propri combattenti hanno ucciso 200 soldati etiopici negli ultimi venti giorni. Le forze governative non hanno commentato in merito ancora.
Ma un’altra emergenza è alle porte: la carestia nel resto del paese. Già nei mesi precedenti era stato evidenziato come l’estrema siccità potesse gettare ulteriormente scompiglio ma ora che siamo entrati nella stagione delle piogge la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. Dopo quasi un mese dall’inizio della stagione ancora nessuna pioggia ha bagnato il paese e il World Food Program stima che siano 20 milioni le persone a rischio carestia nell’area est e sud del paese, contando anche Kenya e Somalia. L’estrema siccità viene già paragonata a quella di 40 anni fa, quando nel 1984-85 una delle peggiori carestie dell’Etiopia moderna fece scalpore a livello internazionale.
Alcuni commentatori internazionali già affermano che questo sarebbe il momento ottimale per le due parti in conflitto nel nord del paese di intavolare seri negoziati per la definitiva cessazione delle ostilità. L’opinione diffusa è infatti che la situazione militare sia arrivata ad una impasse insuperabile: entrambe le parti hanno compreso che la totale vittoria militare è impossibile. La posizione tigrina è di apertura al dialogo, ma quella governativa è ancora sconosciuta: vedremo nelle prossime settimane come il governo risponderà alle numerose crisi in corso.