In queste ultime settimane, dopo la dichiarazione in Etiopia della tregua umanitaria indefinita da parte del governo federale molti analisti si sono divisi sul suo significato: da una parte gli ottimisti, che la vedono come un primo passo verso la pace, dall’altra i pessimisti, che la vedono solo come una maniera di guadagnare tempo da parte del governo per preparare un’ulteriore offensiva.

René Lefort, giornalista ed analista fra i più esperti della politica etiopica, ha esaminato la situazione etiopica svelando numerosi retroscena grazie alle fonti interne al paese raccolte nella sua immensa esperienza e condivide il suo punto di vista, particolarmente brillante, sulle varie forze in campo fornendo quella che, ad oggi, pare la chiave di lettura più approfondita e rivelatrice.

Lefort afferma che si sono svolte trattative segrete fra Addis Abeba e Macallè, secondo fonti diplomatiche, e che addirittura sia avvenuta una chiamata fra Abiy Ahmed e Debretsion Gebremichael, il presidente del Tigrai. Questo in quanto il TPLF in quattro mesi ha fermato la propria offensiva – o perché incapace militarmente o per mancanza di volontà politica, o entrambe – ma nella credenza che le trattative segrete possano portare ad una soluzione. Tuttavia per quanto le parti stessero discutendo su una cessazione delle ostilità e i vari dettagli, tra cui la fine del blocco degli aiuti umanitari e la risoluzione dei problemi fondamentali dell’Etiopia, il governo federale abbia fatto una mossa inaspettata dichiarando la tregua umanitaria indefinita in maniera unilaterale, la quale è meno significativa di un cessate il fuoco in sé ma anche perché è stata dichiarata solo da una delle due parti.

In questa maniera Abiy si è slegato dal processo che sembrava essersi instaurato, come anche dagli obblighi conseguenti a un cessate il fuoco stabilito da entrambe le parti. Infatti, il problema principale di queste trattative è che erano fra TPLF e FDRE, non includendo né l’Eritrea né i vari governi regionali i quali stanno via via erodendo sempre più potere al governo centrale.

La pressione che Abiy sta ricevendo dai suoi vari alleati è proprio il motivo di questa sua decisione. A livello internazionale l’alleanza con gli USA in particolare sta traballando, il Congresso a breve deve votare due risoluzioni che potrebbero tagliare in maniera sostanziale gli aiuti all’Etiopia a parte in campo umanitario. Il legame con l’etnia Amhara che era uno dei pilastri del potere di Abiy sembra stia sempre più sfilacciandosi.

Allo stesso tempo sembra che sia in corso un armamento diffuso delle forze regionali, il cui numero oramai è diventato il doppio delle forze federali anche se prese singolarmente queste forze sono meno numerose. Tuttavia questo rispecchia sicuramente una sensazione di accerchiamento e di paura, come evidenziato anche dai numerosi conflitti identitari che stanno emergendo nella periferia del paese. Inoltre sembra che oramai ogni stato regionale abbia rivendicazioni territoriali sui suoi vicini, non solo l’Amhara sul Tigrai. L’Eritrea dall’altra parte sembra sempre più diventare la forza più forte militarmente nella regione dopo l’indebolimento delle forze federali, sta occupando parte del Tigrai e, oltre ad avere un canale diretto con le forze di sicurezza etiopiche sembra stia legandosi anche all’irredentismo amhara. Questo in quanto, sin dalla guerra di confine per Badme sul finire degli anni ’90, l’obiettivo eritreo è l’annientamento del TPLF e l’annessione del Tigrai, di modo da indebolire l’Etiopia e giocare così ad armi pari per l’egemonia regionale.

Economicamente, la peggior siccità dal 1981, l’inflazione del mercato alimentare al 40% e la maggiore improbabilità di ricevere aiuti dai paesi occidentali e le spese militari, stanno portando ad un declino che potrebbe annullare buona parte della crescita ottenuta durante il regime dell’EPRDF.

Ma il fronte tigrino non è l’unico aperto, c’è anche quello in Oromia con OLF e OLA. E forse la dichiarazione di tregua di Abiy è stata fatta anche per provare ad ingraziarsi di nuovo le forze amhara che sembrano più preoccupate dall’Oromia che dal Tigrai, come evidenziato da una dichiarazione di un membro della milizia amhara: “La guerra principale deve ancora iniziare”. Nonostante il ritiro degli ultimi giorni del TPLF dall’Afar e il rinnovato conflitto con l’OLF da parte delle forze federali tuttavia non sembra che queste mosse stiano facendo guadagnare grande supporto ad Abiy ma anzi che la situazione nel paese e il suo consenso, anche all’interno della diaspora, sia in caduta libera. Tuttavia i suoi alleati sono troppo divisi per coalizzarsi fra loro e spodestare il primo ministro, nonostante militarmente le forze federali siano molto indebolite.

Come spesso è successo in momenti di divisione in Etiopia si guarda sempre agli oromo, per la loro maggioranza di popolazione e per la ricchezza che ha l’Oromia, come centro di un possibile fronte comune per risolvere i problemi del paese, tuttavia storicamente questa responsabilità non è mai stata presa dagli oromo e niente indica che questo sia il momento di svolta.

Ad ogni modo Abiy è ancora al potere, secondo Lefort, perché i suoi nemici sono troppo divisi e deboli presi singolarmente e, senza un obiettivo né una coalizione che lo supporta, sembra che la strada per la ripresa etiopica sia sostanzialmente ancora un miraggio mentre le varie forze centrifughe che animano il conflitto stiano avendo il sopravvento.

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