Nella mattina dell’11 maggio, un attentatore suicida ha colpito un posto di blocco eretto al KM4, nei pressi dell’aeroporto Internazionale Aden Adde a Mogadiscio, in Somalia; 4 le vittime e 8 i feriti. L’evento è stato rivendicato da Al Shabaab deciso a colpire i preparativi dell’ultima tappa del lungo processo elettorale. Nella capitale era stato già imposto un coprifuoco, che ha contribuito a scongiurare altri eventi di sicurezza. Il voto si è così concluso nella tarda serata del 15 maggio, con i due rami del Parlamento riuniti per il voto presidenziale.
Alle votazioni hanno preso parte 39 candidati in tutto, ridotti a 36 prima dell’inizio effettivo del voto e a 4 nel secondo turno, quando era sufficiente la maggioranza semplice dei voti. Qui il Presidente uscente Farmajo ha conteso la carica al favorito Sheikh Mohamud, suo predecessore, all’ex Primo Ministro Khaire e al Presidente del Puntland Deni. Mohamud si era assicurato il sostegno di fazioni pro-Farmajo e alla notizia della vittoria dell’ex Presidente, al terzo scrutinio, con 214 voti, suoi sostenitori festanti del clan Hawiye sono scesi nelle strade della capitale nonostante il perdurare del coprifuoco. La speranza è che si chiuda una lunga fase di incertezza e instabilità, pur nella consapevolezza che egli fosse “il male minore” rispetto a candidati che non rappresentavano certo alcuna vera novità rispetto al poco fruttuoso passato politico del Paese.
Nel suo discorso inaugurale il neo-Presidente – un accademico – ha usato ad ogni modo toni concilianti e promesso “l’inizio di un’era di unità” con gesti distensivi verso i clan e gli Stati federali. L’auspicio degli osservatori è che egli possa far tesoro degli errori del passato. Tra questi, soprattutto la poca incisività nei confronti della corruzione che pure allignava nella sua amministrazione e una sua certa incapacità a mediare tra gruppi rivali.
Farmajo ha riconosciuto la vittoria del “fratello” Mohamud e usato toni a sua volta amichevoli, scherzando anzi sul lavoro “noioso” che spetta al Presidente. Ciò depone per un abbassamento delle tensioni politiche, in un momento che era sentito da molti come urgente. Le sfide restano infatti per tutti complesse, a partire appunto dalla sicurezza e dalle minacce di Al Shabaab e dalla gestione della siccità che minaccia di trasformarsi in carestia.
Il rapporto con la comunità internazionale è inoltre centrale per il funzionamento delle Istituzioni e sarà compito di Mohamud ricostruire una fiducia sfilacciata nel corso dell’ultimo anno. Per risalire inoltre la china della povertà è necessario un rapporto migliore con i Presidenti degli Stati federali, ovvero tra i clan che li esprimono. Anche su questo versante la Presidenza Farmajo aveva infine voluto usare il tema del nazionalismo in maniera impropria, finendo per rafforzare talune spinte centrifughe. Di rilievo è la traiettoria del Somaliland, dove si sono recati in visita l’Ambasciatore degli Stati Uniti in Somalia Andre e il Capo di AFRICOM (Comando militare statunitense per l’Africa) Towsend per incontri con quel Presidente Bihi ad Hargeisa (12 maggio).
Un cenno va infine al Premier Roble, che taluni vedono come vincitore di questo processo elettorale che ha difeso contro lo stesso Presidente uscente. Il merito accumulato potrà fargli guadagnare crediti per una futura elezione in una Somalia più pacificata, in ottica 2026.