L’Eritrea ha replicato alle accuse della scorsa settimana formulate dai vertici politici del Tigrai, relative alla responsabilità dell’Asmara per la ripresa dei combattimenti lungo alcune aree di frontiera.
Il 17 maggio il governo eritreo ha accusato il TPLF di essere impegnato nella preparazione di un attacco su larga scala contro l’Eritrea, con l’intento di riconquistare quelli che considera territori perduti nel corso del recente conflitto.
Secondo numerose testimonianze locali sarebbero ancora in corso combattimenti in più parti del confine tra l’Eritrea e lo stato regionale etiopico del Tigrai, e in particolar modo nell’area della città di Badme e quella di Rama, dove scambi di artiglieria sarebbero tuttora in corso.
Tali scontri, secondo il ministro dell’informazione eritreo Yemane Meskel, non sarebbero imputabili ad un’azione lanciata dall’Eritrea, quanto piuttosto parte di un più ampio piano del TPLF per sferrare un attacco ad ampio raggio contro il contro i confini eritrei.
Secondo il ministro eritreo della comunicazione, questa operazione militare sarebbe stata decisa per riappropriarsi delle aree di confine contese tra i due paesi, e poi riconosciute dal presidente etiopico Abiy Ahmed come parte della sovranità eritrea. Una decisione mai accettata dai vertici del TPLF, che avrebbero adesso deciso di riconquistarle.
Nessun riscontro alle accuse eritree è stato fornito dal governo regionale del Tigrai, che al contrario ha continuato ad accusare l’Eritrea di condurre continue incursioni lungo il confine tenendo impegnate le truppe anche attraverso la costante azione delle artiglierie.
Risulta allo stato attuale impossibile verificare la veridicità di entrambe le parti, sebbene appaia improbabile che le forze del TPLF possano disporre in questo momento della necessaria capacità operativa di pianificare e lanciare un attacco su larga scala contro le forze eritree posizionate non solo nelle aree contese di confine ma anche ben più in profondità soprattutto nei territori settentrionali del Tigrai.